Si muovono su poli opposti il minimalismo monocromatico e l’euforia nostalgica del Y2K, filosofie e stili paralleli, che stanno definendo due correnti d’approccio all’alta moda ben definite: così Prada, Thom Browne e Schiaparelli vestono rigorose personalità da tappeto rosso come Julia Roberts, Tilda Swinton e Diana Silvers, mentre la mainstream culture, insieme alla grande influenza dei social media, influenzano sempre di più le passerelle di tutto il mondo.
Tra le maison che abbracciano completamente la rivoluzione Y2K troviamo Diesel e Blumarine, mentre altri grandi nomi dell’industria preferiscono mantenere un’identità ibrida e versatile, come Chanel, che dal vestire Lily Rose Depp al MET Gala con un completo a tailleur a vita bassa e tagliato a crop top passa al presentare una collezione assolutamente nostalgica e sobria alla Parigi Fashion Week.
Il lusso sta tornando a un minimalismo vecchio stampo, che punta a una solida architettura sartoriale piuttosto che a stupire chi guarda: in comune, però, Y2K e modest fashion hanno lo stesso patrimonio culturale, che attinge a religione, storia e spettacolo per creare nuove interpretazioni e forme espressive.
Dopo un post-pandemia di eccesso e sfarzo, simile ai ruggenti anni ’20 del secolo scorso, si ritorna così a un rigore e a un ordine vecchio stampo, che se paragonato con il passato si ritrova nella formalità impeccabile dei primi anni ’30.
Una modest fashion che include e che parte da creators di credi ed etnie differenti, che abbracciano religioni differenti, dall’Islam al cristianesimo, per arrivare alle filosofie orientali, e soprattutto una modest fashion capace di reinventarsi, senza perdere la propria corazza.