Investire nel sociale è necessario per tutelare il welfare di una nazione: dall’ambiente fino al supporto per i nuclei familiari, gli stati membri dell’Unione Europea hanno tutti contribuito a tutelare e proteggere i settori più fragili e carenti della propria società attraverso finanziamenti per enti pubblici e aziende.
Nascono così i fondi tematici, in inglese Social Bond, finalizzati a colmare mancanze che, altrimenti, influenzerebbero negativamente l’intero assetto pubblico.
I Social Bond si diramano, poi, in numerosi fondi differenti, tra cui il Gender Bond, che agisce direttamente sulla disparità di genere e sulle differenze professionali ed economiche tra uomini e donne: di recente, ad esempio, è stato lo stato del Kirghizistan a emettere fondi per l’emancipazione femminile, un evento importante e che ha allineato il paese agli standard delle Nazioni Unite.
Entro il 2030, infatti, l’ONU ambisce a colmare del tutto il cosiddetto gender gap, la sostanziale differenza in termini di stipendio e gerarchia aziendale tra uomini e donne; tuttavia, i dati parlano di un mondo ancora agli inizi di questo processo.
Secondo Anita Bhatia, deputy executive director di UN Women (ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza e l’empowerment femminile), per ora sono stati rilasciati tra i 50 e i 300 gender bond, ma si stima che, in realtà, soltanto l’1% delle obbligazioni sostenibili miri a sostenere le donne.
Lo conferma We Wealth nella sua intervista a Bhatia, che spiega: “Per ottenere dei risultati, i gender bond devono essere collegati a strategie, programmi e politiche credibili che facciano progredire l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne al di là del business as usual. […] Gli emittenti pubblici possono inoltre sfruttarli per finanziare una migliore offerta di servizi di assistenza all’infanzia, in modo da redistribuire le responsabilità di cura che, ad oggi, gravano prevalentemente sulle donne”.