Deserti fioriti e metropoli in espansione, fin troppo simili a causa di una violenza collettiva e industriale, impegnata a trasportare e scaricare tonnellate di rifiuti tessili da un continente all’altro.
Basta cercare su Google il nome “deserto di Atacama” per vedere le immagini di un gioiello naturale cileno: una landa incontaminata di spiagge, terreni sabbiosi che fioriscono all’unisono e laghetti naturali. Tuttavia, basterà aggiungere “rifiuti” alla nostra ricerca per imbatterci nella triste realtà di alcune aree del deserto, tratti di spiaggia e sabbia resi irriconoscibili da vere e proprie piramidi di scarti e rifiuti, capaci di raggiungere un metro e mezzo di altezza.
Spostandoci in Ghana, più precisamente ad Accra, la situazione diventa quasi incredibile: baraccopoli costruite tra chilometri e chilometri di rifiuti, in cui le famiglie più povere sono costrette a rifugiarsi; una realtà di disagio, che genera e si nutre di attività criminali, violenza e instabilità.
Da dove provengono, tuttavia, questi scarti? Principalmente dall’industria tessile di matrice occidentali e da un mercato saturo e convulso, incapace di soddisfare una frequenza di richieste unica nella storia.
Uno studio diretto da BOF riassume questa difficile realtà attraverso una raccolta dati dai risultati scioccanti: circa 15 milioni di abiti usati vengono spediti in Ghana ogni settimana, soltanto una piccola porzione degli scarti indesiderati che provengono dagli armadi dei consumatori nordamericani, cinesi ed europei.
Anche la sociologia ha analizzato quello che è un fenomeno di impatto globale, coniando il termine di waste colonialism, letteralmente colonialismo dello spreco: sotto questo nome ricadono tutti gli atti che includono lo spostamento di ingenti quantità di rifiuti da una nazione (più ricca, storicamente in una posizione di potere) a un’altra.
Nel mondo dell’alta moda sono Vestiaire Collective e The Or Foundation ad unirsi per controllare quella che sta mutando in una vera e propria emergenza: gestire e regolamentare lo smaltimento dei rifiuti, e punire le industrie che fino a questo momento hanno contribuito a distruggere interi ecosistemi.