Parte dall’Irlanda una rivoluzione sanitaria unica nel suo genere, nonché abbastanza “pericolosa” da scatenare la rabbia dei grandi produttori di vino europei: come spiega il ministro irlandese della Salute Stephen Donnelly, infatti, da oggi sarà obbligatorio etichettare ogni tipo di alcolico con un set di avvertenze per la salute e ciò, ovviamente, include anche le bottiglie di vino.
“Sono lieto che siamo il primo paese al mondo a compiere questo passo e introdurre un’etichettatura sanitaria completa dei prodotti alcolici”, ha dichiarato Donnelly. “Non vedo l’ora che altri paesi seguano il nostro esempio”.
Tuttavia, l’entusiasmo del ministro non sembra condiviso dal resto di Europa.
In particolare, tredici stati membri dell’unione, tra cui l’Italia, hanno definito la norma come “ingiustificata e sproporzionata” e, soprattutto, nociva per il commercio di vino: di quest’opinione, infatti, sono tutte nazioni coinvolte nella produzione enologica, localizzate nel Sud dell’Europa, che vedrebbero i propri interessi danneggiati da una “demonizzazione” di questo prodotto.
In Italia, in particolare, il mercato vinicolo ha un valore di 14 miliardi e alcune regioni, come il Veneto e il Piemonte, ne dipendono fortemente.
“La legge irlandese, frutto del colpevole silenzio dell’Unione, che prevede l’etichettatura degli alcolici con avvertenze sanitarie, è un rischio incombente sulla nostra filiera vitivinicola” commenta Luca Zaia, presidente della regione Veneto. ” […] Come i monumenti più preziosi anche il nostro vino deve essere difeso da quello che appare davvero uno sfregio: assimilare il consumo del vino, nella grandissima maggioranza dei casi responsabile ed estremamente limitato, ad un mero rischio per la salute, infatti, svela ancora più dell’incomprensibile ambiguità di chi approva simili norme la passività di un’Europa che nella difesa e nella tutela delle sue produzioni più tipiche rinuncia ad essere efficace”.
La controversia scatenata dall’Irlanda si muove, però, su un terreno incerto: l’introduzione delle etichette, infatti, si limiterebbe ad allineare il vino ad altri prodotti già segnalati da un punto di vista sanitario, come birre e sigarette; tra i rischi dell’alcol elencati sulle avvertenze troviamo, ad esempio, possibili danni al fegato e alla memoria, nonché divieti guidati dalla scienza e il buonsenso, che invitano a non bere quando ci si trova alla guida o durante una gravidanza.
Ciò che emerge da questa discussione è un dato innegabile: l’alcol fa male, come il fumo, e può provocare danni alla salute. Segnalarlo è indice di trasparenza e, soprattutto, pone sullo stesso piano prodotti che, se consumati eccessivamente o assunti da individui particolarmente fragili, avrebbero gli stessi effetti disastrosi.
Tuttavia la disinformazione è dilagante quando si parla di vino, tanto da causare grandi dibattiti a livello nazionale.
Basti pensare al ruolo che i solfiti (additivi di anidride solforosa) si trovano a ricoprire nella dialettica anti-vino: un agente chimico e naturale, i cui effetti collaterali sono dannosi solo in enormi quantità e non tramite la semplice consumazione di un alimento, diventano nella narrazione disinformata pericolose tossine capaci di provocare danni irreparabili.
Per capire quale sarà l’impatto di questa rivoluzione sanitaria, però, dovremo aspettare il 2026, la fine dei tre anni di transizione dall’introduzione della norma.