Aria di tempesta per Vogue America e il suo volto, Anna Wintour, che ne ricopre il ruolo di direttrice dal 1988. Una vera e propria icona del mondo della moda, che gode di una fama di grande visionaria, decisa, fredda e distaccata: è stata l’ispirazione, in fondo, per il personaggio di Meryl Streep in “Il Diavolo Veste Prada“, con cui condivide la sincerità abrasiva, le aspettative insoddisfabili e la profonda conoscenza del mondo della moda.
La regina di Vogue tuttavia ha tremato per la prima volta nell’arco della sua carriera: una protesta digitale, simile a quella già organizzata da Wired, che punta a boicottare il numero di Settembre, di estrema importanza per il piano editoriale della Wintour, che per “The September Issue” ogni anno si impegna per mesi e mesi.
Le richieste dei dipendenti Vogue sono semplici, salari più alti e contratti più equi, e per ora le alte sfere del segmento dirigenziale sembrano aver accolto di buon grado quanto proposto.
Manca la risposta della Wintour, che già in passato aveva avuto a che fare con proteste di natura sindacale. Basti pensare alla protesta dell’anno scorso, che ha visto numerosi dipendenti del New Yorker manifestare sotto la residenza al Greenwich Village della regina della moda. Il loro slogan?
“Il Diavolo veste Prada, ma ai lavoratori nada“.