L’8 novembre 2025 inaugura a Shanghai — presso l’affascinante dimora storica Prada Rong Zhai — la seconda tappa dell’esposizione A Kind of Language: Storyboards and Other Renderings for Cinema, presentata con il sostegno della Fondazione Prada. Curata da Melissa Harris, l’esposizione resterà aperta fino al 2 febbraio 2026, offrendo al pubblico un viaggio intimo nel dietro le quinte del linguaggio cinematografico.
Un ponte tra Milano e Shanghai
La mostra era stata presentata, in anteprima, all’Osservatorio della Fondazione Prada a Milano dal 30 gennaio al 8 settembre 2025, raccogliendo oltre mille materiali tra disegni, storyboard, moodboard, appunti e fotografie realizzati da figure emblematiche del cinema mondiale.
A Shanghai, il progetto si adatta agli spazi architettonici unici della dimora Prada, reinterpretando l’allestimento originario tramite una scenografia ideata da Andrea Faraguna in collaborazione con Sub. Ogni ambiente diventa una “scena” immersiva in cui il visitatore attraversa il percorso come se sfogliasse un soggetto cinematografico.
A Kind of Language pone al centro la seduzione del processo: gli strumenti grafici che precedono ogni inquadratura diventano un linguaggio autonomo. Attraverso storyboard e schizzi, si svela il rapporto tra intenzione visiva e realizzazione tecnica, tra idea e movimento. Melissa Harris, curatrice, sottolinea come il film appaia finito solo in apparenza, mentre la vera magia risieda nei passaggi che lo hanno plasmato.
La rassegna copre opere prodotte tra gli anni ’40 e il 2024, firmate da oltre trenta autori internazionali: figure come Ingmar Bergman, Alfred Hitchcock, Steven Spielberg, Hayao Miyazaki e Jia Zhang-ke dialogano tra cinema occidentale e pratiche asiatiche.
Prada Rong Zhai: spazio e (ri)nascita culturale
Situata al numero 186 su North Shaanxi Road, Prada Rong Zhai è una villa storica restaurata da Prada e aperta nel 2017, che funge da crocevia tra identità architettoniche cinesi e occidentalismo estetico.
Negli anni ha già ospitato esposizioni come Mirroring: Lucio Fontana e Michelangelo Pistoletto, manifestando la vocazione del luogo come piattaforma per dialoghi culturali tra Est e Ovest.
La fruizione è pensata come una continua scoperta: tavoli ispirati alle scrivanie dei disegnatori, sequenze sceniche attestabili a occhio nudo e un flusso architettonico che guida passo dopo passo, in un continuo passaggio dall’idea all’immagine.
In questo contesto, il visitatore non assiste passivamente, bensì accede al racconto delle scelte progettuali, delle trascrizioni visive e del fermento creativo che anticipa ogni fotogramma.


