Dal 5 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025, proseguendo in contemporanea con la mostra “Dubuffet e l’art Brut. L’arte degli outsider, dal 12 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025. Prodotta da 24 Ore Cultura, Gruppo 24 Ore, promossa dal Comune di Milano- Cultura e Institutional Partner Fondazione Deloitte, la mostra dedicata a Niki de Saint Phalle è realizzata con la Niki Charitable Foundation, a cura di Lucia Pesapane.
La mostra è la prima retrospettiva antologica completa organizzata in un museo italiano e dedicata alla celebre artista franco americana conosciuta per le sue grandi e colorate Nanas e non solo, ma anche capace di rivelarne il lato impegnato attraverso una diversa lettura della sua opera. Strutturato in otto sezioni, il percorso espositivo narra la vita artistica di Niki de Saint Phalle, dagli esordi fino agli ultimi lavori, in un ritmo diacronico che, però, è anche fortemente antologico, che ripercorre attraverso le sue Nanas, una vita che non è stata altrettanto gioiosa.
Le Nanas sono sculture femminili dalle forme accentuate fino all’inverosimile, dipinte con colori sgargianti, di dimensioni così grandi da essere persino abitabili. Niki de Saint Phalle è un’artista che fu spesso associata al movimento del
Nouveau Réalisme. Nonostante le tinte accese e i soggetti delle sue opere in apparenza possano esprimere gioia di vivere e positività, la sua vita non fu scevra di brutte esperienze, che ne segnarono l’anima in profondità. A salvarla intervenne la pittura, una pratica che divenne per lei una cura per l’anima, uno strumento di liberazione. Sua è la creazione del Giardino dei Tarocchi visitabile in Toscana.
Figlia di un ricco banchiere francese e di un’artista americana, Niki de Saint Phalle si trasferì con la famiglia a New York in seguito alla crisi che colpì gli Stati Uniti nel ’29. L’infanzia della futura artista non fu rosea ma segnata da rapporti familiari violenti e duri, che culminarono con l’abuso di lei da parte del padre.
Intorno al 1948 le prime inclinazioni artistiche di Niki si manifestarono in direzione del teatro e della recitazione. Dopo aver posato come fotomodella per riviste di moda quali Vogue, Life, Harper’s Bazaar, prese la strada del cinema, sposò lo scrittore Henry Matthews con cui si trasferì a Parigi, dove poco dopo fu sconvolta da una crisi nervosa che la spinse quasi al suicidio, tanto da essere ricoverata in un clinica di Nizza. A salvarla la scoperta dell’arte. Fu nel 1956 che espose in una prima mostra in Svizzera. Niki trovò sollievo nel dipingere e colse in questa tecnica un canale potente con cui esprimersi e liberarsi dalla rabbia e dal disagio dovuti al riemergere delle memorie d’infanzia. Durante un soggiorno in Svizzera conobbe Jean Tinguely, uno dei maggiori protagonisti dell’arte cinetica, con cui avviò un sodalizio artistico e con cui condivise, una volta separatasi dal marito, uno studio a Parigi. Nei primi anni Sessanta realizzò i primi Tiri di vernice, che ben presto la inquadrarono nel movimento del Nouveau Réalisme.
Contemporaneamente alla serie dei Tiri, Niki iniziò a sperimentare la rappresentazione del corpo femminile, ispirata dalle forme dell’arte tipica dell’Africa Nera e del Centro America. Ne nacquero le Nanas, sculture dalle sembianze animali di donna archetipica, colorate e dall’intento liberatorio e ribelle. Lo si comprende bene nell’esemplare costruito nel 1966
per il Museo di Arte Moderna di Stoccolma, Hon/Elle, un grandissima Nanas abitabile a forma di donna incinta lunga 28 metri, distesa su un fianco come se stesse per partorire. Per entrarvi bisognava passare dalla vagina.
Come ha sottolineato la curatrice della mostra al Mudec Lucia Pesapane nel presentare l’esposizione dedicata a Niki de Saint Phalle, ella è stata una delle maggiori artiste del Novecento e la sua importanza deve essere riconosciuta nell’uso che fece della pittura, dei media digitali per promuovere la sua arte e il sostegno verso i più fragili. Se la collaborazione tra Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely, che divenne poi suo marito, diede vita a opere come Fontana Stravinski, esposta a Parigi davanti al Centre Pompidou, è soprattutto in Toscana che si realizzò la loro creazione più celebre, il Giardino dei Tarocchi,
un parco abitato da enormi sculture, in parte abitabili, realizzate dall’artista con l’aiuto del marito, esperto nella creazione di installazioni meccaniche. Tuttavia le due serie chiave di Niki furono i Tiri e le Nanas.
I Tiri si possono considerare degli shot painting o Tiri di pittura, opere realizzate con veri e propri spari di carabina, che colpivano sacchetti pieni di vernice appesi sopra tele o supporti di gesso. A sparare era l’artista, ma spesso anche il pubblico coinvolto attivamente in vere e proprie performance creative. L’aspetto fondamentale da ricercare è nel significato attribuito al gesto simbolico. I Tiri rappresentavano per l’artista un canale per liberarsi dalle violenze subite da piccola. La opere più celebri di Niki de Saint Phalle sono, però, le Nanas, termine ripreso dallo spagnolo che significa ragazzina di piccola statura, definizione ironica in rapporto alle sculture così maestose, enormi figure femminili che vanno dalla grandezza naturale fino a diventare giganti installazioni abitabili. La fonte di ispirazione è sicuramente Antoni Gaudì, come l’arte africana e sudamericana e le Veneri paleolitiche. Le Nanas sono portatrici di un messaggio di lotta agli stereotipi di
streghe e donne divoratrici.