La stella di Peter Brook si è spenta a Parigi, segnando la fine di un’epoca e della vita di una delle personalità più influenti ed essenziali del teatro del Novecento; così a 97 anni il regista britannico lascia una realtà che ha sempre rielaborato, interpretato e contestualizzato nelle sue rivisitazioni drammaturgiche, spaziando da drammaturgi del calibro di Shakespeare e Anton Chechov.
Figlio di una coppia di immigrati ebrei provenienti dalla Lettonia, Peter Brook nasce a Londra nel 1925 ed è il risultato di una lotta per la libertà, sostenuta dal padre contro l’Impero Russo e che gli era costata un esilio forzato nel 1907. Tuttavia proprio la cultura russa scorre nelle vene del giovane Peter Brook, tanto che ogni suo spettacolo teatrale ne tratterrà un frammento, una gemma nascosta agli occhi di molti, ma non per questo dimenticata.
Nel 1950 il matrimonio con l’attrice Natasha Parry (1930 – 2005) fortifica ancor di più questo legame con la Russia, dato che anche la moglie è originaria delle fredde terre in cui sono sbocciati talenti artistici come Fedor Dostoevskij, Lev Tolstoj e, appunto, Anton Chechov.
Importante figura di riferimento per Brook rimarrà sempre Shakespeare, drammaturgo e poeta che ne segnerà l’intera produzione teatrale: la sua storia con il padre del teatro inglese inizia con la sua prima produzione, Love’s Labour’s Lost, e continua con il grande successo del suo Romeo e Giulietta, che gli garantisce il ruolo di direttore di produzione alla Royal Opera House di Covent Garden.
La fama arriva però nel 1955 con Tito Andronico, rivisitazione che permette al mondo di esplorare una nuova visione Shakespeariana, e prosegue poi con le rappresentazioni di Sogno di una notte di mezza estate, La Tempesta e il Flauto Magico.
Nel corso della carriera ha lavorato anche al Metropolitan Opera di New York e Parigi, dove ha messo in scena The Cat on a Burning Roof di Tennessee Williams, Vu du pont di Arthur Miller e nel 1960 Le Balcon, di Jean Genet.