Si legge “Dolce Vita” e si pensa ad Anita Ekberg immersa nella stupenda Fontana di Trevi mentre chiama a sé Marcello Mastroianni.
Erano gli anni ruggenti per l’Italia, un Paese che dopo la miseria e la distruzione portate dalla guerra iniziava finalmente a conoscere il boom economico grazie all’esplosione dell’industrie: dall’Olivetti alla Piaggio, passando per la torinese FIAT e la milanese Pirelli.
Oggi, quell’epoca sembra un sogno da cui non vorremmo mai svegliarci, dato che si combatte ogni giorno, da un anno e mezzo ormai, con un mostro invisibile chiamato Covid-19.
Si può cercare quantomeno di rivivere certe emozioni, ripercorrendo le strade e i luoghi che hanno reso celebre quel periodo, immortalato perfettamente nel capolavoro di Federico Fellini.
In questo momento storico Roma ha vissuto il suo periodo d’oro, Via Veneto era il salotto mondano del mondo e Cinecittà era la ‘Hollywood sul Tevere‘.
La Dolce Vita iniziò in un ristorante storico di Roma: il Rugantino in Trastevere. Qui, infatti, la contessina Olghina di Robilant festeggiò il suo ventiquattresimo compleanno, evento mondano che riunì la crème della società di quel tempo e passò alle cronache per lo spogliarello estemporaneo con cui la bellissima ballerina turco-armena Aichè Nana terminò la serata.
In quel periodo ebbero un’influenza importante molti registi cinematografici, che cavalcarono il successo di Cinecittà per farsi conoscere su larga scala.
I costi ridotti e la facilità di realizzazione di pellicole attirarono anche molti registi dagli Stati Uniti, il che servì a rafforzare il legame cinematografico tra Italia e America. Uno dei registi più importanti del tempo fu proprio Federico Fellini, la cui sopracitata pellicola La Dolce Vita rivoluzionò anche il mondo del giornalismo. Infatti, sarà proprio il nome di un protagonista del film, Paparazzo, a creare un vero e proprio neologismo che da quel momento in poi verrà utilizzato, in Italia e nel mondo, per indicare la professione dei fotografi alla ricerca di scatti compromettenti.
La Roma di quel tempo era un enorme party privato in cui tutte le star del cinema americano oziavano tra boutique e ristoranti: La Taylor passeggiava per via Veneto ancora vestita da Cleopatra, mentre Audrey Hepburn faceva shopping nelle boutique del centro. Cary Grant e Rock Hudson indugiavano a Cinecittà e Mike Hargitay era solito andare a mangiare davanti al Pantheon.
Il luogo che però rappresenta al meglio quegli anni fu Via Veneto, nella quale c’erano (e ci sono tutt’oggi) i locali che hanno ospitato le feste più esclusive del jet set dell’epoca.
Il Grand Hotel Excelsior fu il luogo più rappresentativo della vita notturna, l’imperioso hotel fu teatro di svariate feste che riunivano tutti i personaggi più illustri del decennio.
Oltre al Grand Hotel anche il ristorante Doney e il Cafè De Paris, anch’essi ancora oggi in attività, hanno giocato un ruolo importante nella vita mondana del tempo.
Ma la Dolce Vita non fu soltanto un’epoca di divertimenti ed eccessi, ma anche e soprattutto un periodo molto prolifico a livello culturale per l’Italia. Non è un caso che Piazza del Popolo divenne un luogo di ritrovo per tante personalità illustri del mondo intellettuale. Tra questi non si può non ricordare Pier Paolo Pasolini, lo scrittore Alberto Moravia, Alberto Arbasino, Goffredo Parise, Ennio Flaiano e un giovane Umberto Eco.
La Dolce Vita finì con le rivolte studentesche e operaie del ’68.
Per quanto si è cercato di replicarlo, questo periodo è intrinsecamente legato al tempo e al contesto sociale in cui è fiorito, anche se come sostengono molti intellettuali con la Milano da bere degli anni ’80 “ci siamo quasi riusciti”.