Nel mondo del lusso, pochi oggetti sono diventati altrettanto iconici e reinterpretabili quanto la Lady Dior. Nato nel 1995 e battezzato in onore della principessa Diana, questo modello ha incarnato l’eleganza della maison Dior, ma ora si fa “tela” per artisti che vi imprimono visioni personali.
Quest’anno il progetto, lanciato – secondo la maison – nel 2015 (o comunque dal periodo 2015-2016) e da allora occasione per reinterpretazioni creative, giunge alla sua decima edizione.
Alla base dell’iniziativa c’è una formula semplice e potente: la maison affida la silhouette della Lady Dior a dieci artisti internazionali, chiedendo loro di esplorarla come oggetto-scultura, tela quotidiana, medium narrativo.
Foto di Mateusz Stefanowski
Tra i nomi selezionati per questa celebrazione spiccano figure come Alymamah Rashed (Kuwait), Patrick Eugène (Haiti/USA), Marc Quinn (UK) oltre ad altri sette creativi provenienti da Brasile, Cina, Corea, Francia e altrove.
Rashed, ad esempio, parte dal suo legame con l’isola di Failaka (nel Golfo Persico) e con il fiore autoctono kuwaitiano “humaith”. Ha trasferito sulla borsa elementi come la texture delle spiagge, conchiglie, petali stampati in 3D e perline, insieme a un occhio smaltato — simbolo ricorrente nelle sue opere — a rappresentare molteplicità e trasformazione.
Eugène, invece, riflette sulle radici haitiane e sulla resilienza della diaspora africana: per la sua reinterpretazione della Lady Dior ha impiegato perle come simbolo – «la perla delle Antille» – e raffia, oro e pelle per collegare la storia di Haiti, il lusso e l’heritage della maison.
Oltre alle borse-edizione limitata, il progetto è arricchito da un volume pubblico (edito da Rizzoli) che raccoglie il percorso dei 99 artisti che negli anni hanno collaborato con la maison, e da iniziative parallele come podcast e presentazioni in boutique chiave.
In questo connubio fra arte e moda, la Lady Dior non è più solo un accessorio di lusso: diventa archivio culturale, piattaforma di riflessione e oggetto-ponte tra gli atelier e la creatività globale. Come osserva un articolo dedicato: «il progetto […] ridefinisce la borsa da oggetto di desiderio a archivio culturale».
Per la maison, è anche un modo di affermare che il savoir-faire artigianale non è in contraddizione con l’innovazione artistica: gli atelier Dior diventano luogo di traduzione, dove le visioni degli artisti — i materiali non convenzionali, le narrazioni personali — trovano realizzazione. Rashed lo definisce: «un dialogo tra ‘l’oggettività’ e il personale».
Infine, va detto che il progetto riflette anche l’apertura geografica e culturale della moda del nostro tempo: la scelta di artisti da Kuwait, Haiti, Cina, Corea, Brasile ecc., sottolinea che il lusso globale non è più solo sguardo occidentale, ma conversazione tra mondi.
In sintesi: il decimo anniversario di Lady Dior Art conferma che una borsa – fin dall’origine un oggetto funzionale, simbolo di status e stile – può da oggi incarnare una dimensione più ampia: quella dell’arte, della cultura, dell’identità. Per chi ama la moda e per chi ama l’arte, è un’occasione per riflettere su come un’icona possa reinventarsi e raccontare il nostro tempo.

