Una notizia improvvisa e dolorosa ha colpito la comunità enologica nella giornata di domenica: la tragica morte di Frédéric Panaïotis, storico enologo e Chef de Cave della Maison Ruinart, celebre casa produttrice di Champagne tra le più antiche di Francia. Panaïotis ha perso la vita durante un’immersione subacquea in Belgio. Aveva 60 anni.
Figura di spicco nella produzione di bollicine d’eccellenza, era considerato uno dei protagonisti indiscussi dello Champagne contemporaneo. La sua scomparsa ha suscitato una profonda commozione tra colleghi e appassionati. Il presidente di Ruinart, Frédéric Dufour, lo ha ricordato con parole che riflettono il suo profondo impatto umano e professionale: “Era una mente lucida, una persona intensamente sensibile, appassionata e curiosa, guidata da una straordinaria umiltà.”
Un percorso di passione e competenza
Nato nel 1964, Panaïotis aveva scoperto l’amore per il vino sin da bambino, trascorrendo le estati tra i vigneti dei nonni in Champagne. Da quella prima scintilla nacque una vocazione che avrebbe definito tutta la sua carriera. Dopo aver conseguito una formazione di alto livello in viticoltura ed enologia a Parigi e Montpellier, ha maturato esperienze tra Francia e California. Il suo ritorno definitivo in Champagne nel 1991 lo ha portato a collaborare con grandi nomi, tra cui Veuve Clicquot, fino ad approdare nel 2007 alla guida enologica di Ruinart.
Brillante, empatico e poliglotta, Panaïotis si è sempre distinto non solo per la competenza tecnica, ma anche per la capacità di comunicare la cultura del vino con calore umano e rara eleganza.
Il segno lasciato in 18 anni a Ruinart
Durante quasi due decenni alla guida della Maison, ha contribuito a definire uno stile inconfondibile, incentrato su raffinatezza, precisione e purezza espressiva. A lui si devono interpretazioni emblematiche delle cuvée classiche, come il Blanc de Blancs e il Dom Ruinart, e l’introduzione di progetti innovativi come il Blanc Singulier, che rispecchiavano la sua costante spinta verso l’evoluzione.
Un testimone del cambiamento climatico
Nel corso degli ultimi anni, aveva più volte sollevato il tema del clima e del suo impatto sulla viticoltura. Pur riconoscendo che l’aumento delle temperature aveva accelerato la maturazione delle uve, metteva in guardia sul rischio di una perdita di complessità nei vini.
A maggio, in occasione di un evento aperto alla stampa italiana, aveva accolto i giornalisti nel nuovo padiglione progettato da Sou Fujimoto, costruito davanti agli edifici storici della Maison: un luogo immerso nell’arte e nella biodiversità, due aspetti che gli stavano profondamente a cuore.
Una voce che mancherà al mondo del vino
Prima di tornare ai suoi viaggi e agli impegni internazionali, aveva condiviso l’entusiasmo per l’annata 2019 di Dom Ruinart, nata in condizioni climatiche estreme: “È stata l’annata più calda che abbiamo vissuto a Reims. Eppure il risultato è stato talmente sorprendente da farmi pensare quanto, paradossalmente, sia sembrato tutto semplice.”
Parole che oggi suonano come un addio, ma anche come una testimonianza del suo straordinario talento, del suo spirito indomito e della passione che ha sempre messo nel suo lavoro. Un’eredità che resterà viva in ogni calice delle sue creazioni.