A 89 anni Giorgio Armani può vantare una carriera unica nel suo genere, contraddistinta da eccellenza, grandi capacità imprenditoriali e, ovviamente, un’eleganza senza tempo.
Per questo sembra innaturale provare ad associare un altro volto all’omonimo marchio del Re, come lo chiamano a New York, un uomo che nella sua meticolosità e precisione sembra aver già definito il futuro del suo regno dopo che, purtroppo, non sarà più tra noi.
Secondo un documento notarile risalente al 2016 e conservato a Milano, Armani avrebbe già stabilito i principi guida da rispettare per coloro che otterranno il controllo sul gruppo e avrebbe chiarito anche alcune questioni significative, legate alla struttura aziendale e agli obblighi nei confronti dei dipendenti; l’estetica che dovrà caratterizzare ogni creazione del marchio, inoltre, è definita e inequivocabile, tanto che gli eredi saranno vincolati a “ricercare uno stile essenziale, moderno, elegante e sobrio con attenzione ai dettagli e alla visibilità”.
In ogni caso permane un’aura di incertezza: Armani non ha figli a cui trasmettere il proprio impero, di cui si prende cura dai primi anni ’70 e che l’anno scorso ha registrato ricavati per 2,35 miliardi di euro, e, dunque, il rischio che l’azienda perda la propria indipendenza economica e artistica non è da escludere.
Tra i futuri possibili proprietari del marchio c’è la sorella di Armani, altri tre familiari già inseriti all’interno della azienda, il collaboratore e amico Pantaleo Dell’Orco e una fondazione di beneficenza legata allo stilista.
“Le linee guida dovrebbero garantire una transizione relativamente fluida, conferendo al Consiglio d’Amministrazione un ruolo centrale” ha commentato Guido Corbetta, docente di strategia aziendale all’Università Bocconi di Milano, all’agenzia Reuters. “Si tratta di un’organizzazione che riduce i margini di disaccordo tra gli eredi”.