Milano, capitale dell’alta moda in Italia, ha ben poco Made in Italy da offrire.
Questo quanto emerge dall’analisi di Bruno Villois, docente di economia all’università Bocconi, che sulla testata online de’ Il Giornale.it ha analizzato l’attuale assetto commerciale e finanziario del quartiere Quadrilatero e di Via Montenapoleone.
L’eccellenza italiana, che abbraccia moda, gastronomia, accoglienza e design, influisce in modo significativo sul PIL nazionale e, in particolare, su quello di Milano e Roma, ma negli ultimi anni ha arrestato la propria avanzata, perdendo il monopolio del mercato.
L’alta moda, ad esempio, è sotto il controllo di agenti economici e finanziari stranieri come il gruppo LVMH di Bernard Arnault e il gruppo Kering di François – Henri Pinault, veri e propri giganti dell’industria della fashion internazionale che nel proprio portfolio includono alcune delle maison più importanti del mondo; questa situazione a Milano si traduce in interi quartieri commerciali controllati da aziende internazionali, dettaglio che, come sottolinea Villois, implica un cambiamento decisivo nelle dinamiche commerciali, influenzate dalle sempre più pressanti tempistiche di pagamento e da aspettative qualitative sempre più alte.
“Il tema proprietà estere di imprese italiane, pur non potendo essere ritenute strategiche, richiede una particolare attenzione per limitare nuove cessioni a mani straniere” dichiara Villois. “Un obiettivo che per realizzarsi richiede una politica fiscale incentivante per chi investe in imprese che contribuiscono in misura rilevante al valore aggiunto Italia per attrattività, commercio, occupazione e ritorni per le casse pubbliche, sia a livello fiscale che contributivo. […] È bene ricordare che nel caso di Bulgari, Loro Piana e Fendi, LVMH ha offerto non solo cifre monstre, ma anche partecipazioni strategiche di consolidazione”.