Con i prezzi degli affitti ora superiori a quelli di Roma, Bologna potrebbe presto diventare una città universitaria senza universitari e un capoluogo senza addetti ai servizi.
Sembra insostenibile, infatti, continuare ad abitare in centro città (ma non solo) per chi desidera una permanenza più lunga di qualche giorno e per coloro che non guadagnano abbastanza da potersi definire di classe medio-alta.
L’allarme è partito dalla comunità studentesca bolognese, messa in ginocchio dal caro affitti e dalla scarsità di abitazioni, ma oggi coinvolge anche il personale Tper, la cui denuncia delinea una città carissima con stipendi da fame e un mercato immobiliare inaccessibile.
“Il tema casa è decisivo: gli affitti sono troppo alti per le retribuzioni del contratto nazionale” ha spiegato direttore di Tper, Paolo Paolillo.
Non soltanto autisti, ma anche insegnanti e infermieri stanno abbandonando la città; significativa anche l’esperienza di Confindustria, che ha dichiarato una crisi di assunzioni dovuta proprio alla carenza di case.
“Il contrappasso dell’attrattività di Bologna dove l’aumento della domanda va a incidere su un mercato troppo piccolo e con valori troppo alti. Sta diventando un mercato esclusivo sostenibile solo per chi ha redditi medio-alti o esigenze di pochi giorni” conferma Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma nonché esperto di mercato immobiliare.
Secondo Dondi, la crisi abitativa sarebbe dovuta a due agenti principali: il primo è composto da quella fetta di proprietari che, pur possedendo oltre 25mila alloggi, non intendono destinarli alla locazione a breve o a lungo termine; il secondo, invece, è AirBnB, che con prezzi sempre più alti ha di fatto privatizzato numerose realtà abitative.
Un contesto complesso, e che richiederà molto impegno da parte dei singoli e delle istituzioni per migliorare.
“Agire sulla remunerazione è molto difficile, perché la competizione con il mercato degli affitti brevi è quasi impossibile. Bisognerebbe creare forme di incentivazione per chi tiene immobili sfitti o li usa poco o per nulla” spiega, infine, Dondi. “Bisognerebbe pensare a un patto di cittadinanza per rendere Bologna più ospitale. I proprietari avrebbero un riconoscimento diverso e anche una garanzia”.