Difficile comprendere le macchinazioni mentali di Kanye West, rapper e stilista che della controversia ha fatto il proprio inno. A partire dalle sue dichiarazioni shock in campo politico, fino alle sue proposte a metà tra il visionario e il grottesco in campo artistico, Ye non lascia mai occasione al pubblico o alla stampa di ignorarlo, che sia per buoni motivi o meno.
Anche la collezione Primavera – Estate 2023 del suo marchio, YEEZY, presentata alla Parigi Fashion Week, si inserisce perfettamente in questo processo creativo imprevedibile e senza limiti: un evento studiato nei minimi dettagli e che è stato in grado di creare un’atmosfera distopica, opprimente e, in puro stile Ye, ricca di controversie.
Pochi ospiti, ma di estrema qualità (Anna Wintour, John Galliano, Demna, Cedric Charbit), un coro angelico di bambini proveniente dalla Donda Academy che prima intona i grandi successi del rapper e che a fine collezione si unisce in un “Gloria in excelsis Deo” e una passerella a porte chiuse, a cui fotografi, pubblico e curiosi non hanno potuto neanche pensare di accedere.
Arriva la prima controversia: Kanye West apre lo show, indossando uno dei capi della sua collezione, una felpa nera con la scritta “White Lives Matter“.
“Sono Ye e tutti qui sanno che sono il leader”, dichiara. “Abbiamo cambiato la visione della moda negli ultimi dieci anni. Siamo la strada. Siamo la cultura“.
La seconda controversia riguarda la collezione, 10 look ready to wear realizzati secondo il mantra di Ye e che si distinguono per materiali innovativi e silhouette aliene, a metà tra il cyberpunk e la trash bag proposta quest’estate da Balenciaga: piumini imbottiti stile bomber, stivali realizzati con una stampante 3D, pantaloni da lavoro, ponchos e, infine, una t-shirt con il volto di Papa Giovanni Paolo II, decorata con la scritta “White Lives Matter” sul retro.
Una collezione che sta ovviamente facendo parlare di sé, ma che non sta riscuotendo successo: la critica principale riguarda la natura “ready-to-wear” di questi capi e dei materiali utilizzati per la loro realizzazione; inoltre, ancora una volta il rapper di Chicago viene definito “anti-black” e associato a movimenti fondamentalisti bianchi, proprio a causa della scritta prima citata.
Sorgono spontanee due domande: dovremmo indossare YEEZY? Vogliamo indossare YEEZY?
Per ora il giudizio è sospeso, incerto, e ciò che rimane è una collezione che di sicuro ha ritagliato il proprio posto d’onore in una fashion week che ha plasmato a suo piacimento.