Il tema della sostenibilità si lega inevitabilmente con la diseguaglianza di genere.
A prima vista potrebbero sembrare questioni parallele, di uguale importanza e con sfere di influenza differenti, ma basta spostare lo sguardo verso il Sud del mondo per intravedere il punto di incontro che le fa combaciare in un contesto emblematico, in grado di rappresentare le dinamiche e le problematiche della nostra epoca.
Una ricerca dell‘Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite ha dimostrato come le donne rappresentino il 70% dei poveri del mondo (1,3 miliardi di persone) e come sia la categoria femminile, in particolare, a dipendere per il proprio sostentamento dalle risorse naturali, che però non posseggono; ad esempio, è stato stimato che nei Paesi a basso reddito il 50% delle donne è impiegato nel settore agricolo, ma soltanto meno del 15% possiede la terra che lavora.
Nelle regioni più meridionali del nostro pianeta il cambiamento ambientale incide, dunque, su un’attività fondamentale e alla base della sopravvivenza di interi popoli: la povertà dovuta agli effetti di questo processo influiscono poi su altre problematiche altrettanto gravi legate al mondo femminile, come la violenza di genere, in crescita costante in momenti di crisi e durante disastri climatici, e come, ad esempio, il fenomeno delle spose bambine.
Per ostacolare questo ciclo di ingiustizie e violenza, CESVI incoraggia a supportare il progetto da loro avviato nei Paesi più poveri del mondo (come il Kenya e lo Zimbabwe), un gesto che contribuisce a promuovere l’empowerment femminile e valorizzare un mondo più sostenibile.