Si intitola A Journey Into the Style and Music of My Icons Since 1969 – The Year of the Big Bang il libro con cui Frida Giannini, stilista italiana e direttrice creativa per maison Gucci dal 2006 al 20014, ritorna sulle scene dell’alta moda internazionale.
Edita da Rizzoli, l’opera è un percorso di intrecci culturali, storici e artistici che mette in connessione il mondo della musica e quello della fashion a partire da un anno chiave per entrambi questi settori, il 1969.
Si tratta di un progetto di passione, come lo definisce la stessa autrice, e nato dalla profonda connessione che la legava allo zio, Daniele, morto a ventisette anni, e con cui la stilista ha potuto condividere l’amore per l’arte e la musica.
Nuovi dettagli sul libro sono emersi in un’intervista rilasciata da Frida Giannini stessa a Vanity Fair, in occasione della presentazione fissata in Rizzoli Galleria, a Milano, in cui la stilista ha potuto anche commemorare il collega e amico Davide Renne, recentemente venuto a mancare.
“Mio zio per me è stato un guru. Ed è stato anche un grande fan di David Bowie. È lui che mi ha trasferito la passione per la musica. […] Con la sua scomparsa, mia nonna (sua mamma) voleva dar via la sua collezione di dischi: una collezione pazzesca, perché lui andava a cercarsi gli inediti tra Londra e New York, dalla musica classica al pop anni Settanta. Le furono fatte delle offerte, anche da musicisti importanti. Ma io le dissi: Non mi fare questo. I dischi appartengono a me” spiega Giannini a Vanity Fair, soffermandosi poi sull’importante ruolo degli anni ’70 sulla cultura odierna. “Non a caso il libro inizia nel 1969: in quell’anno, il Big Bang nasce con David Bowie che anticipa il lancio dell’atterraggio sulla luna di Neil Armstrong. Come Bowie, mi sono sentita una marziana, ma nel mondo della moda: spacco il minuto in anticipo, inizio a lavorare presto, ho una disciplina quasi militaresca e mi sono sempre preoccupata del mercato della moda. Non mi sono mai considerata Picasso ma ritengo che, se un prodotto o un’opera d’arte va in negozio e non esce dal negozio, allora non è un’opera d’arte. In questo mi sento un po’ una marziana”.