A Washington, in un incontro privo di comunicati ufficiali ma di grande significato simbolico, il presidente americano Donald Trump ha ricevuto sei figure chiave dell’industria svizzera del lusso. Tra di loro, i vertici di Rolex e Richemont – insieme a imprenditori operanti nei settori dell’oro, dell’energia e della logistica – per discutere delle conseguenze dei nuovi dazi americani.
Secondo quanto riportato, l’iniziativa è stata autonoma: la delegazione svizzera non era ufficialmente parte di una missione governativa, benché il governo federale sia stato informato. Dal lato statunitense, oltre al presidente erano presenti anche i suoi familiari Eric e Lara Trump, figure influenti nella galassia politica-economica statunitense.
Gli Stati Uniti hanno imposto dazi pari al 39 % sulle merci in entrata dalla Svizzera, misura che colpisce in modo rilevante l’industria orologiera elvetica.
Per alcune aziende svizzere, gli Usa rappresentano fino al 17 % dell’export del settore: ciò rende la misura particolarmente strategica e delicata.
Di conseguenza, i marchi di fascia alta si trovano a gestire un duplice effetto: da un lato un aumento potenziale dei listini per il mercato statunitense, dall’altro un calo significativo delle esportazioni verso quel Paese.
L’obiettivo dichiarato dell’incontro – secondo la notevole copertura giornalistica – è stato quello di ribadire il legame economico di lungo corso tra Svizzera e Stati Uniti, mostrando che il mondo del business svizzero non resta passivo di fronte a decisioni che lo riguardano direttamente.
Non è stato siglato alcun accordo, ma l’atto stesso del dialogo assume un valore simbolico: quando la diplomazia bilaterale appare in difficoltà, è il settore privato ad alzare la posta in gioco.
Quali scenari si profilano
- Il mercato statunitense appare – almeno nel breve termine – più vulnerabile, come confermato dai dati sull’export orologiero svizzero: in settembre 2025, le esportazioni verso gli Stati Uniti sono calate del 55 % rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
- I brand svizzeri devono valutare se assorbire parte del costo del dazio per mantenere competitività, oppure trasferirlo al consumatore statunitense attraverso rincari.
- Per la Svizzera, l’episodio solleva domande più ampie sulla strategia di export e sulla necessità di diversificare mercati e modelli di business.
L’incontro a Washington costituisce una svolta rispetto a modalità tradizionali: un gruppo d’élite dell’industria svizzera del lusso ha scelto una forma di diplomazia imprenditoriale, diretta, pragmatica, forse rischiosa. In un mondo in cui la geopolitica dell’economia si intreccia con quella del prestigio e della manifattura d’eccellenza, questo episodio va letto come un segnale – non solo per il settore orologiero –, che l’influenza non passa solo per canali istituzionali.


