In una delle svolte più delicate del contenzioso che ha messo al centro l’“operazione beneficenza” legata al celebre pandoro “Pink Christmas”, Chiara Ferragni ha deciso di offrire un risarcimento pari a circa 500 euro alla pensionata campana di 76 anni, nota come “nonna Adriana”, che si era costituita parte civile nel procedimento per truffa aggravata. Secondo quanto riportato da fonti giornalistiche, la donna avrebbe acquistato una decina di esemplari del dolce natalizio, convinta che una quota del prezzo maggiorato sarebbe stata devoluta in beneficenza all’Ospedale Regina Margherita di Torino — convincimento disatteso, secondo l’accusa.
L’intesa extragiudiziale, di natura riservata, mira a far revocare formalmente l’istanza di costituzione di parte civile da parte della signora, che alla prossima udienza predibattimentale (fissata per il 4 novembre a Milano) dovrà formalizzare la rinuncia al contenzioso individuale.
Pur chiudendo il capitolo relativo al reclamo individuale della signora, tale accordo non ha alcun effetto sui procedimenti che coinvolgono associazioni dei consumatori, che rimangono attive come parti lese. Il Codacons e altre organizzazioni hanno già richiesto di essere ammesse come parti civili, sostenendo che il danno sarebbe stato collettivo e non meramente personale.
In un caso affacciatosi su diversi filoni – dalla promozione natalizia del pandoro alle campagne pasquali con “Uova Ferragni – Sosteniamo i Bambini delle Fate” – i legali della nota influencer sembrano aver valutato che la transazione da 500 euro rappresenti un compromesso accettabile sul singolo fronte.
Non è mancata la reazione delle associazioni: la Casa del Consumatore, per esempio, avrebbe respinto un’offerta successiva proposta da Ferragni da 5.000 euro, definendola “insufficiente” e non indicativa di un reale “ravvedimento”, e confermando la volontà di proseguire con la costituzione come parte civile.
Il contenzioso che ha assunto il nome di “Pandoro-Gate” nasce da un’accusa di comunicazione ingannevole: i consumatori sostenevano che l’acquisto del pandoro griffato Ferragni, venduto a prezzo maggiore rispetto alla normale versione, implicasse una donazione proporzionale a favore dell’ospedale torinese. Tuttavia, secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), la donazione era stata già stabilita a monte, senza alcuna connessione con le vendite, configurando così una “pratica commerciale scorretta”.
Nel 2023, l’AGCM ha irrogato sanzioni per oltre un milione di euro (tra società Ferragni e Balocco).
Intanto, la Procura di Milano ha disposto il rinvio a giudizio per truffa aggravata anche per le campagne pasquali, ritenendo che vi fosse un modello comunicativo continuativo volto a sfruttare il tema della beneficenza. Il processo principale è ancora aperto e non verrà influenzato dall’accordo con la signora di Avellino.
L’offerta di 500 euro appare più simbolica che remunerativa: secondo fonti, la somma è stata calcolata includendo differenze di prezzo, danni morali e il sentimento di “frustrazione dell’intento solidaristico” da parte della consumatrice.
Ma il vero banco di prova sarà l’atteggiamento delle associazioni nel processo e la capacità della difesa di argomentare una lesione minima per i singoli, pur in presenza di possibili ricadute collettive.
In prospettiva, se da un lato l’accordo estingue il contenzioso individuale, dall’altro lascia aperti tutti gli snodi centrali: la legittimità dell’intero disegno commerciale promozionale legato all’immagine benefica, le responsabilità civili e penali, e — non da ultimo — l’impatto reputazionale su una figura pubblica da sempre al confine tra marketing e impegno sociale.


