Camera – Centro Italiano per la Fotografia riporta in Italia, dopo un quarto di secolo, uno dei più grandi protagonisti del fotogiornalismo del XX secolo: Alfred Eisenstaedt. La mostra, ospitata nella sede torinese di via delle Rosine 18 dal 13 giugno al 21 settembre, riunisce 170 fotografie che attraversano l’intera parabola artistica del fotografo tedesco naturalizzato statunitense, dalla sua giovinezza in Europa fino agli anni d’oro con la rivista Life negli Stati Uniti.
Figura simbolo della fotografia del secolo scorso, Eisenstaedt è ricordato soprattutto per lo scatto iconico del V-J Day a Times Square, in cui un marinaio bacia un’infermiera tra la folla festante alla fine della Seconda guerra mondiale. Un gesto spontaneo, improvviso, catturato nel cuore di New York, diventato emblema della gioia collettiva del dopoguerra.
Un’esposizione inedita per riscoprire un maestro dell’immagine
Curata da Monica Poggi, la mostra propone un ritratto completo di Eisenstaedt a trent’anni dalla sua scomparsa, mettendo in luce il suo stile in continua evoluzione, capace di passare con disinvoltura dal registro poetico a quello ironico. L’allestimento segue le tappe della sua biografia, intrecciando i mutamenti dei luoghi attraversati con la trasformazione del suo linguaggio fotografico.
Nato nel 1898 a Dirschau, nell’allora Prussia Occidentale (oggi Polonia), Eisenstaedt entra in contatto con la fotografia da adolescente grazie a una Kodak ricevuta in regalo. Dopo la pausa forzata del primo conflitto mondiale, riprende la macchina fotografica e inizia un percorso che lo porterà a diventare uno dei più apprezzati fotoreporter tedeschi negli anni Venti e Trenta.
In questo periodo, realizza scatti che documentano con ironia la vita dell’aristocrazia europea, come le vacanze sulle nevi di Saint Moritz o le scene di vita mondana, tra cui celebre è l’immagine di un cameriere che accompagna attrici famose sul ghiaccio. Il primo scatto pubblicato, una tennista in campo, segna l’inizio ufficiale della sua carriera.
Dal Nazifascismo agli USA: la svolta americana
Con l’ascesa del regime nazista, Eisenstaedt è testimone e cronista visivo di momenti cruciali, tra cui il minaccioso ritratto di Joseph Goebbels del 1933 e l’incontro tra Hitler e Mussolini a Venezia nel 1934. Le sue immagini di questo periodo, definite candid, catturano la naturalezza del momento, pur rimanendo fortemente teatrali, ispirate alla luce e alla composizione dei grandi maestri pittorici.
Costretto a fuggire dalla Germania per le leggi razziali, nel 1935 si trasferisce negli Stati Uniti, dove inizia una collaborazione destinata a durare decenni con la rivista Life. Qui il suo stile cambia profondamente: abbandona la fotografia “da salotto” per raccontare la vitalità delle città americane, in particolare New York. I suoi scatti diventano più dinamici, meno costruiti, e restituiscono con immediatezza la velocità e l’energia della nuova società.
Nel corso della sua carriera americana realizzerà oltre 2.500 servizi fotografici e più di 90 copertine per Life, lasciando un segno indelebile nella storia del fotogiornalismo.
L’Europa ritrovata e le icone del Novecento
Dopo la guerra, Eisenstaedt torna più volte nel Vecchio Continente, fotografando l’Italia del dopoguerra e la Parigi popolare dei mercati, abbandonando i ritratti dell’alta società per immortalare la quotidianità. A differenza di colleghi come Margaret Bourke-White, non documenta direttamente la guerra, ma ne esplora gli effetti sulla società.
Un’intera sezione della mostra è dedicata ai ritratti di personaggi celebri, realizzati fin dagli esordi: da Maria Telkes ad Albert Einstein, da Oppenheimer a Sophia Loren – il cui scatto in lingerie per Life nel 1966 fece scalpore – fino all’ultima immagine scattata da Eisenstaedt, che ritrae la famiglia Clinton nel 1993 a Martha’s Vineyard.
Un’eredità visiva ancora attuale
La retrospettiva torinese offre l’occasione per riscoprire l’ampiezza e la profondità dello sguardo di Eisenstaedt, attraverso immagini celebri e meno note che ne mettono in luce la sensibilità, la curiosità e la straordinaria capacità di cogliere l’essenza dei suoi soggetti. Un viaggio fotografico tra due continenti e un secolo, tra intimità e storia, poesia e attualità.