Per lungo tempo, il successo di Milano come epicentro della moda si è fondato sulla sua abilità nel fare “sistema”: un concerto di fiere, saloni, sfilate ed eventi collaterali, tutti orchestrati in un calendario che polarizzava l’attenzione globale in una settimana densa e strategica. Ma all’orizzonte di settembre 2025 si profila una novità significativa: i rinomati saloni della moda milanese non si svolgeranno più in contemporanea. Questa decisione ha già innescato un dibattito sulle possibili ripercussioni, sia a livello economico che strategico.
La tradizione vedeva manifestazioni di spicco come Micam (dedicato alle calzature), Mipel (pelletteria), The One Milano (per il pronto moda) e Homi Fashion&Jewels (gioielli e accessori moda) succedersi in date ravvicinate, talvolta condividendo spazi espositivi e beneficiando di sinergie logistiche. Lo scopo era evidente: fornire a buyer, stampa e addetti ai lavori una piattaforma unica e integrata per scoprire il meglio della creatività italiana e internazionale, ottimizzando tempi e investimenti.
Con il 2025, tuttavia, le date si disallineano, distribuendo i saloni su un lasso di tempo più esteso. Le motivazioni dietro questa scelta sono molteplici e possono includere esigenze organizzative specifiche, strategie di riposizionamento dei singoli eventi o una ricerca di maggiore autonomia. Ciò nonostante, emerge un rischio tangibile: la potenziale perdita di quell'”effetto sistema” che ha finora contraddistinto Milano.
Quando più eventi fieristici condividono il medesimo periodo e, idealmente, la stessa area, il valore percepito dell’offerta complessiva tende a crescere esponenzialmente. I compratori internazionali trovano così una motivazione più forte per scegliere Milano come destinazione unica per i loro affari. Le sfilate entrano in dialogo con le fiere, e la comunicazione mediatica dipinge l’immagine di una città dinamica e coesa. In un contesto globale caratterizzato da una competizione sempre più agguerrita (con poli attrattivi come Parigi e la crescente Copenaghen), una tale frammentazione potrebbe compromettere la capacità attrattiva del capoluogo lombardo.
Diventa cruciale monitorare con attenzione l’andamento delle presenze e il feedback degli operatori del settore a seguito di questa edizione “frammentata” dei saloni. Da questa nuova configurazione potrebbe scaturire una flessibilità inedita e vantaggiosa, oppure potrebbe riconfermarsi il valore insostituibile di un approccio sistemico e coordinato. Ad ogni modo, la moda milanese si trova oggi di fronte a un interrogativo cruciale: proseguire sulla via della costruzione collettiva o cedere a spinte individualistiche dettate da strategie particolari. Una certezza rimane: il futuro della fashion week si decide non soltanto sulle passerelle, ma anche e soprattutto attraverso le sinergie e le collaborazioni che operano dietro le quinte.