Pare che il lusso stia perdendo la sua battaglia contro il fast fashion, nel quale rientrano H&M, Zara e Uniqlo oltre all’altra fast fashion di Shein e Temu.
Nonostante le periodiche polemiche che la riguardano, la moda a basso costo è quella più in crescita sui listini, seppure in rallentamento rispetto alle crescite vorticose del passato.
Il trend di crescita delle vendite di moda low cost dovrebbe mantenersi costante anche nel prossimo futuro fino a giungere, secondo Statista, a un turnover di 185 miliardi di dollari nel 2027 dagli attuali 106 miliardi di dollari nel 2022, con un balzo in avanti del 74,4%.
Lo stato di salute positivo del comparto trova conferma nell’ultimo bilancio di H&M, che controlla, oltre il brand omonimo, anche Cos, Arket & Other Stories. Nonostante profitti deludenti e ricavi in flessione nel terzo trimestre, ha visto l’utile crescere del 19% negli ultimi mesi, le azioni in circolazione di un +3%, raggiungendo quota 3,7 miliardi di euro.
Per quanto riguarda il lusso lo scorso agosto l’indice S&P Global Luxury ha chiuso piatto con un rendimento del +0,12% riflettendo la realtà di un settore ampiamente stagnante.
Secondo Gam a pesare sono la polarizzazione tra outperformer e underperformer, la debolezza dei consumatori potenziali e l’assenza di un’inversione di rotta sostanziale in Cina.
Per gli analisti un ritorno a tassi di crescita normali si dovrebbe vedere nel 2025, in linea con una media di circa il 6%. Confrontando i bilanci del primo semestre 2024 di due colossi che dominano fast fashion e lusso, Inditex e LVMH, si può constatare che i due gruppi hanno riportato risultati finanziari notevoli ma contrastanti. Inditex, casa madre di Zara, Berska e Stradivarius, ha chiuso la prima metà del fiscali year con ricavi per 18,1 miliardi e l’utile netto a 2,8 miliardi. Solo un mese fa la Holding galiziana ha tagliato un nuovo traguardo in Borsa, diventando la prima società spagnola a superare I 150 miliardi di capitalizzazione grazie a un nuovo massimo storico delle sue quotazioni ed è diventata sesta in UE per market cap, in una classifica dominata dai francesi Lvmh, Hermés e l’Oréàl.
Lvmh ha riportato una semestrale per molti versi opposta, che ha trascinato in basso l’intero comparto del lusso. Il mercato sperava in una positiva sorpresa dai conti del colosso di Bernard Arnault, che ha trascinato verso il basso l’intero comparto del lusso. Gli utili sono stati deludenti , in contrazione del 14% a 7.2 miliardi. Guardando ai nove mesi appena pubblicati, Lvmh ha messo a segno la peggior performance dai tempi della pandemia, chiudendo il periodo con un giro d’affari di 60,7 miliardi, in calo del 2% rispetto allo scorso anno. Nel solo terzo trimestre il gruppo ha visto una flessione del 3% dei ricavi a 19 miliardi, rilevando la reale portata del crollo della domanda dei consumatori cinesi.
L’aumento netto dei profitti della società spagnola (+10%) contrasta con la performance di Lvmh (-14%).
Se la moda di massa dimostra di essere sempre più competitiva nei confronti del lusso, il motivo è da ricercare in primo luogo nella capacità che i player del fast fashion stanno dimostrando nell’occupare un segmento di mercato che il lusso ha volutamente lasciato indietro, a causa dei continui aumenti di prezzo: quello dei clienti aspirazionali, coloro che spendono tra le 3 e le 10 mila euro l’anno in beni di lusso.
A salvarsi dal rallentamento generale del mercato del lusso sono stati finora i marchi posizionati nell’altissimo di gamma, ad avere la peggio sono stati quei brand che fanno leva sugli aspirational, i quali avendo minori budget, preferiscono destinarli ad altro.
Da Uniquo a Zara, H&M e Ovs nei primi sei mesi del 2024 si registrano incrementi nella performance dall’1 al 17%. Tra i motivi una gestione intelligente dei saldi e strategie di espansione in nuovi mercati o segmenti, tra i quali il beauty, sempre più presente nei punti vendita del comparto. La crescita dei profitti operativi si è tradotta in apprezzamenti dell’ordine del 20% nei sei mesi dei titoli in Borsa per diverse società quotate (Inditex, Uniqlo, Ovs).
La pressione competitiva resta alta e i player del fast fashion devono guardarsi da competitor emergenti come Shein e Temu, che adottano prezzi inarrivabili per la maggior parte di loro.