Che l’arte sia il prodotto diretto della società e delle sue problematiche, non è un mistero.
Un artista respira, si nutre e vive di ciò che lo circonda, e di conseguenza anche le sue creazioni ne sono il risultato. Non dobbiamo stupirci, quindi, se l’alta moda si carica di una forte energia politica e si prende la responsabilità di rappresentare ed esprimere messaggi di vitale importanza, che abbracciano filosofia, estetica, etica, scienza e storia.
Per questo motivo le passerelle della Milano e della Parigi Fashion Week hanno rivelato una spiccata natura polemica e ribelle, reazione diretta al clima politico europeo, sempre più oppressivo nei confronti delle minoranze, di chi è diverso o in difficoltà: alcuni designer e personalità della fashion industry, come Donatella Versace, Pierpaolo Piccioli e Chiara Ferragni, hanno parlato apertamente delle imminenti elezioni italiane, incoraggiando l’elettorato più giovane a votare per il progresso e l’inclusività, mentre i grandi marchi dell’alta moda, da Prada a Balenciaga, hanno affrontato a loro modo questioni come il grande problema climatico, il consumismo e la fast-fashion e il ruolo dell’alta moda nella società.
Controversa, invece, la Season 9 di YEEZY, marchio creato da Kanye West, che ha sconvolto tutto il mondo con una t-shirt dal messaggio filo-nazista (“White Lives Matter“) e con un’altra decorata dal volto di Papa Giovanni Paolo II, una proposta dadaista e volutamente provocatoria che sembra aver affossato definitivamente la reputazione di Ye.