Metaverso, simulazioni, collezioni digitali, NFT, Web3, eventi in streaming, contenuti interattivi.
Le possibilità offerte dal mondo dell’avanguardia tecnologica sono molteplici e completamente personalizzabili, percorsi che ogni realtà, sia essa grande o piccola, può modificare per soddisfare le proprie necessità.
Siamo agli albori di una nuova era, in cui i confini tra realtà concreta e realtà virtuale si assottigliano sempre di più, fino a sfumare del tutto; tra i grandi brand che hanno investito in questa dimensione ancora pionieristica, ci sono Balenciaga, Tiffany, Ferragamo, Tag Heuer e Dom Pérignon, esponenti di settori del lusso differenti, ma complementari.
Secondo il rapporto “Lusso e tecnologia: gli inizi di una nuova era”, prodotto da Bain & Company, metà del comparto sta testando o testerà gli NFT e il metaverso entro il 2025.
“Sul Web3, le case stanno testando il potenziale e ognuno è alla ricerca del proprio modello”, spiega Charlotte Morizot, Senior Director della divisione distribuzione e lusso di Bain & Company. “Siamo abbastanza convinti dell’importanza di queste tecnologie, perché forniscono casi di applicazioni che sono rilevanti per il settore. Il metaverso permette di creare negozi virtuali che trascrivono i codici dei brand molto meglio dei siti commerciali, e di organizzare eventi. Gli NFT consentono di creare prodotti e collezioni con pezzi unici online o doppioni digitali. Infine, l’applicazione, offrendo abiti e accessori virtuali all’interno dei giochi, crea una connessione con i gamers, che saranno la clientela del lusso di domani. Ci sembra rilevante considerare che questo segmento di mercato rappresenterà dal 5% al 10% del fatturato del lusso nel 2030”.
Non si tratta, però, di tools del tutto accessibili: Bain & Company e il Comité Colbert, infatti, hanno richiesto ai team delle griffe di indicare il loro livello di maturità su un elenco di 16 tecnologie, dalle immagini 3D fino ai guanti aptici, per poter delineare le competenze e le priorità dei singoli marchi in ambito tecnologico.
Ciò che emerge mette in primo piano tre degli obbiettivi principali che accomunano tutti quei marchi che si sono imbarcati verso il mondo tecnologico: ottenere un buon livello di engagement (coinvolgimento totale del cliente), la realizzazione di un’esperienza senza soluzione di continuità (omogenea in tutti i punti di contatto tra marchio e cliente) e il raggiungimento di un generale sviluppo sostenibile.
Grazie all’indagine di Bain & Company, sappiamo che tutte le tecnologie sono state adottate dal settore (per un 50% di aziende che le ha adottate) e che la più affermata è l’imaging 3D, adottato dal 45% del settore, seguito dalla stampa 3D (35%) e dalle tecnologie RFID (31%).
In media, i singoli brand hanno adottato 2 o 3 tecnologie su 16, un risultato che preoccupa gli analisti.
“Ci sono tre cose da rivedere”, spiega Joëlle de Montgolfier, vicepresidente esecutiva dei poli beni di consumo, distribuzione e lusso di Bain. “Primo, c’è una logica organizzativa che deve essere resa meno rigida. Nel lusso, l’organizzazione a volte è molto controllata, con un management conservatore. Questo può bloccare le idee e le informazioni. Bisogna abbattere le barriere tra le organizzazioni. Occorre passare attraverso il processo di test e apprendimento e sviluppare le idee giuste. Poi, il talento e le risorse umane sono fondamentali. Dobbiamo trovare il modo di dire ai giovani che è più interessante lavorare nel lusso che in altri settori identificati come più tecnologici. Infine, sarebbero da prendere in considerazione approcci settoriali. È stato fatto nella Blockchain, perché non su altri temi? Il comparto può creare un ecosistema di partner, avere una logica di consorzio, con una gestione dei talenti atta a far crescere un vivaio di professionalità”.