Dal 3 aprile 2025 la Fondazione Prada di Milano ospita una significativa mostra dedicata a Thierry de Cordier, artista, poeta e filosofo belga nato a Ronse nel 1954. La Cisterna, spazio espositivo suggestivo e raccolto, è stata trasformata per l’occasione in una sorta di luogo sacro, dove le opere dell’artista raccontano oltre vent’anni di ricerca sul tema del “nulla” – o, come lo definisce lui stesso, “nada”.
Tutto ha avuto inizio con un gesto provocatorio e simbolico: il suo primo dipinto nero, oggi perduto, era nato dal desiderio di cancellare l’immagine del Cristo in croce. Non un atto distruttivo fine a se stesso, ma un tentativo di liberarsi da un’iconografia cristiana profondamente radicata, per rivelare qualcosa di più essenziale e assoluto.
La svolta per de Cordier arriva mentre legge la biografia del mistico spagnolo San Giovanni della Croce. Un passaggio in particolare, dedicato al concetto di “nada” – l’annullamento del sé per arrivare alla verità assoluta – diventa la chiave di volta del suo percorso. Da lì nasce una nuova fase artistica: liberate dal rifiuto iniziale, le sue tele evolvono verso forme quasi monocrome, puntando all’espressione del sublime.
I dieci grandi dipinti della serie Nada, realizzati tra il 1999 e il 2024, sono il cuore pulsante della mostra. Opere intense, in cui la parola “Nada” sostituisce l’iconico cartiglio “INRI” (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum), tradizionalmente posto sulla croce. Queste tele non sono però esercizi astratti: sono corpi carichi di senso, che mettono in discussione i simboli più profondi della tradizione occidentale, cercando nuove forme per rappresentare il sacro.
L’allestimento nella Cisterna è altrettanto potente: le opere sono presentate in tre grandi trittici, uno per ciascun ambiente, con le tele maggiori sospese al centro e quelle più piccole sistemate nelle nicchie laterali. Di fronte alla monumentale Gran Nada (2007–2012), campeggia una semplice panca: non solo un elemento d’arredo, ma un invito alla contemplazione silenziosa, al raccoglimento.
La poetica di Thierry de Cordier nasce da un’indagine profonda sull’uomo, la natura e il mistero. Dopo anni di nomadismo, ha trovato nel giardino della propria casa un microcosmo in cui osservare e meditare. Da lì il suo sguardo si è spostato al mare e al paesaggio, dando vita a opere che riflettono l’infinitamente piccolo nell’infinitamente grande. Le sue tele evocano mari cupi, montagne solitarie, atmosfere cariche di malinconia, ispirate tanto alle stampe topografiche cinesi del Sei e Settecento quanto alle vedute luminose del Nord Europa.
Il sacro, nella sua arte, non è mai dogma ma tensione continua verso l’invisibile, un bisogno di dare forma all’indicibile. Le sue opere calligrafiche cercano proprio questo: rendere visibile ciò che normalmente sfugge allo sguardo.