Il Barolo, con la sua storia e reputazione internazionale, rappresenta non solo un prodotto d’eccellenza ma anche un brand iconico nel panorama vinicolo globale. Negli ultimi anni, il mercato del Barolo ha mostrato una crescita significativa, sia in termini di apprezzamento della qualità che di penetrazione in nuovi mercati.
Il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani ha giocato un ruolo chiave in questo successo, grazie a strategie promozionali innovative che combinano eventi globali, come il Barolo & Barbaresco World Opening, con attività di valorizzazione locale. Il focus sulla qualità, la sostenibilità e il racconto del territorio ha permesso al brand Barolo di consolidare la sua posizione nei mercati più maturi, come gli Stati Uniti, e di aprire nuove opportunità in Paesi emergenti come la Cina e il Brasile.
Grazie a un’attenzione costante verso le esigenze dei consumatori e dei produttori, il Barolo continua a rappresentare non solo un vino straordinario, ma anche un simbolo di eleganza e autenticità che parla al mondo intero.
Andrea Ferrero direttore del Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, reduce da un tour in Brasile.
I nostri vini sono apprezzati in tutto il mondo. Proprio in questi giorni si parla del Brasile e dell’attualità legata all’accordo sugli scambi commerciali tra il Mercosur e l’Unione Europea. È evidente che, in un Paese come il Brasile, dove i dazi e le tasse di importazione sui vini superano anche il 35%, avere la possibilità di esportare i nostri prodotti potrebbe rappresentare un’opportunità straordinaria. Considerando che i nostri vini hanno già un valore significativo, non rientrando nella categoria dei prodotti economici, questo accordo potrebbe aprirci nuovi spiragli in un mercato potenzialmente molto importante.
“Il Consorzio, si concentra molto sull’immagine e sulle vendite all’estero, dove si realizza gran parte del vostro fatturato. La Russia ha recentemente creato qualche difficoltà, mentre in Cina si sono registrati dei cali. Prima di arrivare a parlare di quello che potremmo definire l’oasi felice degli Stati Uniti, quali sono stati gli effetti di queste situazioni?”
“Il Barolo, innanzitutto, viene esportato per circa l’80% del suo volume. Devo dire che né la Russia né la Cina hanno avuto un impatto significativo sulle nostre vendite, in quanto rappresentavano già mercati relativamente marginali per noi. Tuttavia, è evidente che l’attuale situazione geopolitica ha un’influenza negativa, non solo sul nostro settore, ma sull’economia mondiale in generale, coinvolgendo molti prodotti e non soltanto il vino.”
Vino d’elite, bandiera italiana insieme al Brunello di Montalcino che sicuramente negli Stati Uniti trova la sua patria naturale
Sì il nostro mercato principale circa il 20% della quota export e destinata negli Stati Uniti che per noi rappresenta un mercato maturo. Il che vuol dire che sanno apprezzare e anche remunerare adeguatamente un prodotto come Barolo e anche come ovviamente il Barbaresco.
Numeri di imbottigliato inerenti al Barolo e Barbaresco
Siamo circa un po meno di 15 milioni di bottiglie di Barolo e un po meno di cinque di Barbaresco. Quindi insomma, numeri assolutamente limitati.
“Voi siete ormai un consorzio dove gran parte delle vostre attività promozionali e produttive legate ai vitigni si svolgono quasi esclusivamente all’estero. Negli ultimi anni avete realizzato iniziative significative in vari Paesi. Dove si sono concentrate le vostre attività più recenti e, guardando al futuro, quali sono i piani per la prossima tappa negli Stati Uniti?”
Noi strutturiamo le nostre attività promozionali in modo mirato e diversificato. Nel 2020 abbiamo lanciato un progetto chiamato Barolo & Barbaresco World Opening, dedicato alla presentazione delle nuove annate. La prima edizione si è svolta negli Stati Uniti nel 2020, seguita da un’altra negli Stati Uniti nel 2022, e poi in Cina nel 2023. Per il 2024 torneremo a New York, mentre nel 2025 faremo tappa in Texas, uno Stato in forte crescita ma non ancora completamente maturo in termini di consumo di vino. Successivamente, nel 2026, saremo in Canada, per poi tornare nuovamente negli Stati Uniti nel 2027.
Senza una buona programmazione, non si va da nessuna parte. Per questo motivo pianifichiamo con grande attenzione gli eventi, così che anche le cantine siano informate per tempo e possano inserirli nei loro calendari, che sono sempre molto pieni. Essendo eventi di grande rilevanza, richiedono anche risorse significative. Ad esempio, in Texas porteremo quasi 160 cantine, il che implica un impegno importante in termini di budget. È fondamentale, quindi, una programmazione adeguata, tenendo conto anche della possibilità di accedere ai fondi messi a disposizione dall’Europa.
Per questo motivo, pianifichiamo le nostre attività con almeno un anno di anticipo, seguendo normalmente una programmazione triennale.
Ecco vi siete disegnati in termini di comunicazione del vostro brand una strada molto particolare e molto personale quindi meno Vinitaly, più cose proprie. Da questo punto di vista sicuramente grandi Langhe fa scuola su questo ragionamento.
Come Consorzio, è importante chiarire alcuni punti. Sono ormai quasi 15 anni che faccio parte di questa realtà, e sin da allora il Consorzio non ha più partecipato con uno stand istituzionale al Vinitaly. Ovviamente, le singole aziende sono libere di partecipare, ma è anche vero che le fiere stanno attraversando una fase di profonda trasformazione.
Da parte nostra, già nel 2013, sotto la presidenza di Ratti, abbiamo lanciato un grande evento chiamato Grandi Langhe, dedicato principalmente ai mercati nazionali ed europei. Questo evento, che è cresciuto notevolmente negli anni, si è spostato a Torino, presso le OGR.
E siamo molto orgogliosi di annunciare che nella prossima edizione, che si terrà l’ultimo lunedì e martedì di gennaio, parteciperanno quasi 500 cantine. Ci tengo a sottolineare che circa 100-120 di queste provengono da tutta la regione Piemonte, al di fuori del nostro Consorzio. Questo in un’ottica di apertura, considerando che trattandosi di una manifestazione commerciale, ci sembra giusto includere realtà che rappresentano l’intero territorio.
Mancano ancora pochi giorni per chiudere l’anno, e sappiamo che le festività natalizie sono un periodo molto importante per i consumi dei nostri vini. Le previsioni per quest’anno sono positive, e ci aspettiamo di concludere l’annata in modo stabile. È già un risultato significativo, considerando le circostanze.
Guardando il panorama complessivo dei vitigni in Italia, è importante considerare anche le realtà di regioni come Sicilia, Puglia e Calabria, che affrontano sfide significative. Si è prodotto molto, forse più del previsto, e non c’era certezza che fosse necessario un volume così alto. Come vedi, quindi, l’evoluzione del mercato italiano in prospettiva?
Il mercato del vino è molto variegato e ogni realtà ha le sue dinamiche, che sono difficili da paragonare tra loro. Se penso al Barolo, ad esempio, solo il 30% dell’uva viene venduta, mentre il resto viene autoprodotto e trasformato direttamente dalle aziende vinicole. Ogni azienda vinifica le proprie uve e ci mette la propria faccia, oltre al nome della denominazione, sulla bottiglia che poi gira il mondo.Tuttavia, come si dice spesso, l’Italia è lunga e stretta, quindi le dinamiche del mercato possono variare enormemente da una regione all’altra. Va anche detto che, secondo me, il mondo del vino sta vivendo una fase in cui è oggetto di attacchi, talvolta anche eccessivi, legati alla demonizzazione del consumo di vino. Credo che sia una critica esagerata, considerando che il vino è un elemento fondamentale della dieta mediterranea, della nostra cultura e della nostra storia.