Insieme all’annuale edizione di Fashion Graduate Italia ritornano le passerelle per i giovani visionari dell’industria dell’alta moda, provenienti dalle più importanti accademie di fashion e design di tutto il mondo.
Brasile, Giappone, Canada, Corea del Sud e Italia si raccontano così attraverso le creazioni di studenti internazionali e di rara abilità, a cui è stato riservato lo spazio dello Base Milano per tre intere giornate di fashion shows e sfilate.
Dal 24 al 26 ottobre, infatti, Fashion Graduate Italia ha dato la possibilità a numerosi talenti di dare sfogo alla propria creatività in un contesto d’eccellenza: l’evento, organizzato dalla Piattaforma Sistema Formativo Moda Ente del Terzo Settore (ETS), ha acquisito una tale importanza da guadagnarsi il patrocinio del Comune di Milano e della Regione Lombardia.
Secondo Vogue Italia, tre stilisti, in particolare, si sarebbero distinti grazie alle loro prospettive uniche, che ci permettono di sbirciare in quella che potrebbe essere la moda del futuro.
La prima è Cecilia Colca, studentessa all’Istituto Modartech di Pisa, che in passerella ha rappresentato quella fase ibrida divisa tra infanzia e mondo adulto che tutti i Millennials e Gen Z hanno imparato a conoscere: la sua collezione, Naiveness, si compone di silhouette austere e sobrie ed elementi tipicamente bambineschi come giocattoli, colori accesi e ricami che volutamente ricordano gli scarabocchi e le scritte che si potrebbero trovare nelle aule di un asilo o di una scuola elementare.
Segue, poi, la linea Performing a ritual di Gabriele Fabris, ispirata al film Il colore del melograno e concentrata sulla dualità maschile-femminile, in tutte le sue combinazioni possibili: il giovane designer, formatosi all’Istituto Secoli di Novara, propone così una serie di abiti delicati, in cui è la ripetizione di geometrie insieme a contrasti di colori e tessuti a plasmare il corpo dei modelli; dettagli surreali e puramente artistici, poi, spingono i limiti dell’alta sartoria, sfiorando la performance art.
Vogue, infine, sceglie il designer portoricano Tomas Joel Lara Muñoz, che ha omaggiato il proprio paese d’origine con la collezione Jibaro, termine utilizzato a Porto Rico per indicare un mezzadro impiegato nella lavorazione della canna da zucchero, la cui figura è iconicamente associata a un copricapo tradizionale. Proprio questo accessorio ha ispirato Muñoz, la cui prospettiva artistica esplora il rapporto tra moda e tempo, soffermandosi sui segni di usura che potrebbero segnare i capi più longevi e utilizzati.