Difficile trovare una sintesi tra le collezioni presentate alle più recenti fashion week, emblema della moltitudine di prospettive, filosofie ed estetiche che ormai convivono e si influenzano a vicenda nel sistema moda.
Se l’anno scorso il Y2K e una generale nostalgia per il passato hanno riunito tutte le vie dell’alta moda in un unico percorso battuto, riconoscibilissimo e definito, quest’anno non si può certo affermare lo stesso: è difficile guardare alle creazioni per la stagione Autunno – Inverno 2023/2024 e trovare un unico filo conduttore, un consenso generale capace di sintetizzare visioni talmente differente da diventare veri e propri contrasti.
Il 2023 sembra muoversi seguendo un’estetica imprecisata, ma sobria ed essenziale.
Non a caso si notano il ritorno, soprattutto sui social media, di stili più semplici ed essenziali, puliti e, in un certo senso, “normali”: niente eccesso, niente sfarzo, ma una sobrietà che alcuni definirebbero da Grande Depressione, un’eco ultracentenario di quanto già avvenuto nei primi anni ’20 del novecento.
Basta pensare alle nuove proposte di Prada per catturare perfettamente quest’estetica, immersa nella quotidianità e nell’essenzialità di un guardaroba dalle silhouette morbide, oppure possiamo spostare lo sguardo verso Dior, che in passerella ha proprio portato un’estetica post-bellica, fatta di classicità e di una dimensione post-industriale.
Tuttavia, maison come Fendi, Balmain, Tod’s e Louis Vuitton si muovono su un filo sospeso tra un’eleganza senza eccessi e un’esplosione di colori e necessità di espressione: patterns rumorosi e capaci di catturare ogni sguardo, proporzioni ambiziose e impegnative, che annullano i confini tra i generi seppur rinforzando estetiche dal sapore corporate e maschilista, e al tempo stesso una raffinatezza spontanea, naturale e capace di muoversi su una melodia assolutamente personale e impercepibile.
Genderless, pulita e spoglia, ma al tempo stesso autoritaria, d’élite, impossibile da non notare: un’equazione incapace di dare un unico risultato, e il cui esito risulta ancora più incerto se ci si aggiungono le anomalie del sistema moda, dalla sempre più futuristica Diesel alla bellezza grottesca di alcuni protagonisti della New York Fashion Week.
La base di quest’evoluzione è la stessa e affonda le radici nella recessione economica e culturale che sta caratterizzando questi nuovi anni ’20: l’identità futura dell’alta moda, in ogni caso, è ancora tutta da definire.


