Il nome festa delle donne ha un sapore dolceamaro in questo 8 marzo 2023, una giornata che, tra l’arrivo della primavera e di temperature più miti, diviene lo scenario perfetto per le molteplici manifestazioni che presto coinvolgeranno numerosi angoli del globo.
Non una festa, perché non c’è nulla da celebrare: certo, ci sono le donne di tutto il mondo, che ogni anno vedono le statistiche di femminicidi e violenze salire e salire, e che quasi ogni giorno devono affrontare la realtà di un mondo non costruito per loro e uscirne vincitrici o, per lo meno, indenni, ma sono questi stessi esempi di resistenza e tenacia a chiedere di non essere celebrate.
Ciò che chiedono è essere ascoltate e che le loro necessità e paure vengano riconosciute.
Desideri all’apparenza semplici da esaudire, ma che di fatto si scontrano con un mondo che non ha alcuna intenzione di farlo: basta prendere ad esempio i dati forniti dalla survey LUI – Lavoro, Uomini, Inclusione” realizzata da Fondazione Libellula, per rendersi conto che la violenza sulle donne sia ancora largamente considerata un esempio sporadico di cattiva condotta, e non un sintomo sistemico di odio e controllo; sui 2mila intervistati da Fondazione Libellula, un 43% di loro ritiene che il problema delle violenze non li riguardi, mentre un 42% pensa che la colpevolizzazione del genere maschile per le problematiche femminili sia ingiusto.
Non tutti gli uomini secondo l’Italia, ma altri dati purtroppo confermano che tutte le donne, dalla più giovane alla più anziana, dalla più povera alla più benestante, abbiano subito almeno un episodio di molestie, violenza o persino aggressione.
In merito ai risultati ottenuti da LUI – Lavoro, Uomini, Inclusione, Annalisa Valsasina, direttrice scientifica di Fondazione Libellula, dichiara: “Numeri che testimoniano una scarsa consapevolezza delle radici culturali della violenza di genere e delle sue diverse sfaccettature quotidiane che spesso si basano su una concezione di superiorità maschile e su una cultura del controllo e della prevaricazione, spesso normalizzati. Ricordiamoci che nella survey precedente LEI (Lavoro, Equità, Inclusione) realizzata lo scorso anno e dedicata alle donne, oltre un’intervistata su 2 ha dichiarato di essere stata vittima di molestie, discriminazioni o stereotipi sul posto di lavoro, mentre addirittura il 22% di aver avuto contatti fisici indesiderati“.
Le statistiche impazziscono, poi, se ci spostiamo verso categorie femminili considerate di serie B o costrette a vivere come veri e propri scarti sociali, dimenticate da istituzioni, forze dell’ordine e opinione pubblica: donne appartenenti a comunità etniche e religiose differenti, immigrate in attesa di integrarsi nella società italiana o donne di seconda generazione ancora giudicate in base al colore della pelle o alla religione, donne transgender, donne al limite della povertà, donne che per la propria professione o per il proprio background diventano automaticamente vittime perfette, che “se la sono cercata”, attrici protagoniste dell’ennesimo femminicidio da commemorare e da dimenticare.
Non tutti gli uomini, ma definitivamente tutte le donne, che oggi, per chi di loro potrà permetterselo, scenderanno in piazza per farsi ascoltare in un giorno che, almeno per ora, rimane esclusivamente loro.