I social media e il giornalismo hanno formato un fronte comune rispetto a una questione apparentemente innocente, quella dei destination shows, eventi dedicati all’alta moda e organizzati in location estere, lontane rispetto ai quartieri generali della maison che intendono rappresentare.
Rientrano in questa categoria, ad esempio, le ultime sfilate di Dior e Chanel, rispettivamente al Cairo, in Egitto, e a Dakar, in Senegal: due eventi importantissimi e di grande successo, che non hanno convocato soltanto modelli, designer e assistenti, ma anche celebrità, giornalisti e musicisti da tutto il mondo.
Un quadro di opulenza ed eccesso, di cui si è evidenziato lo spreco di risorse economiche e l’impatto ambientale, amplificato dagli spostamenti in aereo e in auto di una folla di buyer, VIC, giornalisti e ospiti d’onore, presenti principalmente per advertising.
Per questo motivo Vanessa Friedman, giornalista del The New York Times, ha commentato con queste parole lo show organizzato da Chanel a Dakar. “Soprattutto, però, gli abiti sembravano una scusa per portare a Dakar 850 persone, di cui circa 500 provenienti da tutta l’Africa. Comprese celebrità come Pharrell Williams, Whitney Peak e Nile Rogers […] per promuovere la reputazione della città come centro culturale e di Chanel come una sorta di, beh… cosa? Un decisioniere creativo o un condivisore di potere globale?“.
Da questo punto di vista emergono questioni complesse e radicate nel rapporto tra Europa, Stati Uniti e territori che nel corso dei secoli sono stati sfruttati, umiliati e sottoposti a intensi processi di colonialismo e marginalizzazione: imperialismo, elitismo, colorismo, feticizzazione e orientalismo, solo per elencarne alcune, nonché una certa insensibilità rispetto alla questione ambientale.
Il Cairo e Dakar diventano così scenari esotici da sfruttare per ottenere un fondale “interessante”, e le enormi quantità di denaro investito in questi eventi non fa altro che evidenziare l’enorme differenza economica tra le grandi maison in visita e le comunità più povere che abitano la città.
Le collezioni di Dior e Chanel, altrimenti apprezzate dalla critica e dai consumatori, sprofondano così in un mare di controversie e scompaiono tra storia, bellezze naturali e questioni che non si possono dimenticare.