Lo scioccante divorzio tra Alessandro Michele e maison Gucci ha aperto un nuovo conflitto nell’industria dell’alta moda, rivelando una dualità che attraversa tutti i settori artistici e creativi e che prima o dopo mette qualunque azienda di fronte a una decisione difficile: a cosa dare priorità, all’espressione artistica e creativa di un designer o alle richieste, sempre più pressanti ed economicamente essenziali, dei consumatori?
Questo sembra essere il motivo, appunto, dietro alla rottura tra Alessandro Michele e Marco Bizzarri, amministratore delegato di Gucci. Le due teste della maison di Kering hanno collaborato per anni, portando nuovo nutrimento alle radici di un marchio che aveva bisogno di riscoprirsi, ma la loro affinità si è esaurita nell’istante in cui i guadagni della compagnia sembravano in pericolo.
Il dominio di Alessandro Michele, durato ben otto anni, ha già superato di gran lunga il periodo di permanenza di solito concesso ai direttori creativi: un’eccezione che conferma la regola, nonché il risultato evidente dell’equilibrio che la componente creativa e quella commerciale avevano raggiunto nel mondo di Gucci.
Ciò che ha dettato la fine della complicità tra questi due giganti dell’industria, è una semplice differenza a livello filosofico: se Alessandro Michele, infatti, seguiva un approccio idealista, puramente creativo, Bizzarri si soffermava sulle nuove richieste di mercato, sui possibili micro-trend e le variazioni di tendenza; una distanza ideologica troppo ampia, e che ha spezzato quello stesso legame professionale capace di cambiare la storia di Gucci.