Solo pochi mesi fa il mondo denunciava apertamente il crimine commesso da Putin, lo “czar” che ha scelto di guidare la Russia verso una nuova guerra di invasione ai danni della vicina e già martoriata Ucraina: un gesto che di per sé ha sfidato le leggi mondiali e che ha segnato una sorta di prima e dopo nella storia europea, influenzando cultura, società e mercato.
Anche l’industria del lusso, di conseguenza, ha dovuto reggere il forte impatto delle sanzioni ai danni delle aziende russe e alla svalutazione del rublo: tra marchi che si sono apertamente schierati contro il governo Putin e altri che hanno temporeggiato fino a una totale chiusura dei rapporti, i luxury goods sono diventati un lontano miraggio per la Russia, preoccupata, tuttavia, a risanare un’economia sul lastrico e a controllare una popolazione ridotta alla fame.
Oggi la pesante cesura tra il mondo del lusso occidentale e la clientela russa sembra indebolirsi, grazie a una ripresa di rapporti di scambio tra Lancome, Yves Saint Laurent, Kerastase e Redken e i fornitori est-europei.