Il Quadrilatero della moda diventa il nuovo oggetto di critica per Linus, pseudonimo di Pasquale Di Molfetta e conduttore radiofonico per Radio Deejay, che durante la trasmissione si è scagliato apertamente contro l’industria della moda e del lusso milanese.
Perché questo attacco? Il motivo riguarda l’arrivo a Milano di Salt Bae, nome con cui è conosciuto il macellaio e chef turco Nusret Gökçe, che nel 2023 aprirà il suo primo ristorante a Milano, nel palazzo del Teatro Nuovo, nel Quadrilatero: diventato virale per il meme che lo ritrae impegnato a salare la carne, chef Salt Bae si rivolge a una clientela esclusiva e assolutamente VIP, motivo per cui il costo dei suoi piatti è particolarmente salato.
Il commento di Linus si riferisce proprio a questa nuova apertura.
Secondo il commentatore, infatti, “Sta per aprire anche in Italia, “finalmente”, Salt Bae. È la ciliegina sulla torta. Quello che una volta era il quadrilatero della moda può essere ufficialmente ribattezzato il quadrilatero dei burini. Tra il tipo di moda che viene proposta e il tipo di persone che passeggiano per le strade… Lo dico senza voler essere troppo fighetto: una volta la moda era una cosa più elegante. Adesso la moda ha messo l’eleganza in quel posto, un po’ a tutti.”
La reazione di appassionati, influencer e giornalisti è stata immediata, tra supporto e critiche, e presto intorno all’affermazione si è costruita una vera e propria polemica. Emergono, però, dei problemi sostanziali, che caratterizzano la prospettiva di Linus in tutte le sue interpretazioni.
Cosa vuol dire eleganza? E chi lo può definire?
Certo, se Linus, riferendosi all’arrivo di Salt Bae a Milano, rimpiange i tempi andati della vecchia Hollywood o degli albori delle maison di tutto il mondo, possiamo essere d’accordo con lui: se quella è eleganza, oggi non la possiamo trovare nel panorama moda, non con le stesse modalità e finalità, almeno.
Oggi l’alta moda si muove attraverso un equilibrio complesso, è funambola tra democraticità ed esclusività, e come tale si contamina di entrambi questi approcci: così si mantengono i prezzi e la fama dei grandi marchi, ma ne cambiano i rappresentanti, i messaggi, gli obbiettivi; oggi non basta essere eleganti per fare moda, bisogna essere burini.
Se con “Burino”, infatti, intendiamo accessibile, popolare, perfino rozzo, sfacciato e maleducato, possiamo ritrovare alcune delle caratteristiche essenziali dell’alta moda più alta e raffinata: dall’inclusività totale, che porta in passerella modelle e modelli che fino a qualche decennio fa sarebbero stati considerati troppo poco eleganti per incarnare i valori di una maison, fino alle metafore e alla performance art che sempre più diventa parte integrante dei fashion shows (basti pensare a Balenciaga, con la sua sfilata nel fango).
Il classismo del commento di Linus va di pari passo con una certa ignoranza, che non contempla neppure l’aspetto della moda democratica, che sempre più deve sporcarsi le mani e aprirsi a un mondo che la chiama a gran voce: seguendo queste premesse, burino diventa lo show democratico di Diesel, che ha segnato la storia, e burine diventano tutte le collezioni che, invece dell’eleganza, mettono al primo posto la sostenibilità, l’inventiva, l’impatto concettuale e artistico, nonché quello sociale.
In un mondo in cui uno chef turco può diventare una star internazionale soltanto con una manciata di sale e in cui l’alta moda deve rendersi popolare per raggiungere nuove vette di esclusività, l’eleganza di Linus tramonta ed è, alla fine della giornata, assolutamente incoerente.