I “dupes” (imitazioni, copie low cost di accessori, oggetti e capi il cui design proviene altrimenti da grandi marche e maison) non sono di certo una novità. Se in passato, però, indossare dupes era un’abitudine tutto sommato circoscritta a un esiguo numero di consumatori, oggi la globalizzazione e il continuo upload di nuove applicazioni, piattaforme di e-commerce e retailer online hanno garantito a un vero e proprio propagarsi di un fenomeno estremamente tossico per l’ambiente, l’economia e il benessere stesso di migliaia di persone.
La mania dei dupes oggi parte da TikTok, social network cinese estremamente popolare tra le generazioni più giovani, che dei capi contraffatti hanno fatto uno stile di vita. Su questa piattaforma possiamo distinguere tre principali tipi di imitazioni: alcuni dei prodotti proposti da brand di fast fashion, come nel caso dei mocassini con suola a carrarmato di H&M che somigliano a quelli di Gucci o di Prada, le imitazioni di brand di moda più economici dalla qualità altalenante, e i fake veri e propri, acquistati su piattaforme come AliExpress, Shein, DHgate.com e Cider.
I danni di questa catena di montaggio inarrestabile sono molteplici: a partire dall’ambiente (l’industria tessile è la più nociva dal punto di vista della sostenibilità), fino ad arrivare alla vita di migliaia di lavoratori sottopagati, sfruttati e costretti a lavorare in condizioni più che precarie, se non inumane; una richiesta continua a livello mondiale implica, infatti, una manodopera altrettanto costante, nonché una quantità di materiale non indifferente; materiali, poi, di qualità infima, prodotti il più velocemente possibile e venduti a prezzi insignificanti.
Al tempo stesso la circolazione di questi dupes e di queste alternative veloci, onnipresenti ed economiche implica anche una profonda oscillazione nei prezzi dei capi autentici e quindi del lusso. Il meccanismo diventa così letale e chiaro, e delinea perfettamente un’industria luxury sempre più irraggiungibile e costosa, contrapposta a una realtà accessibile da un semplice smartphone, che promette altrettanta qualità.
Impossibile trovare il fattore scatenante, la matrice di questa effettiva guerra tra poveri: poveri sono i consumatori, i giovani che desiderano uno stile di vita di bellezza e soddisfazione estetica e che sono sommersi da immagini di ricchezza, abbondanza, eccesso, e ancora più poveri sono coloro costretti a produrre, produrre e produrre.