In un trimestre chiuso al 30 novembre 2025 che ha confermato la resilienza del marchio statunitense, Nike ha riportato ricavi superiori alle previsioni degli analisti, segnando 12,4 miliardi di dollari contro i circa 12,2 miliardi stimati dal mercato. A spingere i dati è stata soprattutto la domanda di calzature da corsa e una maggiore attenzione al canale all’ingrosso, metodo che sta gradualmente tornando al centro della strategia aziendale dopo anni di focus sul direct-to-consumer.
L’utile per azione ha sorpassato le stime con 0,53 $, confermando una capacità di generare profitti superiore alle attese nonostante un quadro macroeconomico globale incerto. Tuttavia, il profitto netto ha registrato un calo significativo rispetto al periodo precedente e i margini lordi si sono ridotti di circa 300 punti base, in larga parte a causa dei dazi sulle importazioni dal Vietnam – dove Nike produce una fetta ingente delle sue calzature – e dei costi associati alle operazioni di rilancio e marketing.
Dal punto di vista geografico emergono segnali contrastanti: mentre il Nord America continua a mostrare crescita– soprattutto nei segmenti running e all’ingrosso – con aumenti delle vendite vicino al 9%, le vendite in Cina continuano a contrarsi, segnando un calo a doppia cifra e rappresentando uno dei principali freni alla performance complessiva dell’azienda. Questo rallentamento nella seconda economia mondiale è diventato un tema chiave per gli investitori, che vedono nella perdita di quota in Asia un rischio strutturale per il marchio.
Il mercato ha reagito con volatilità alle notizie positive sui conti, con il titolo Nike che in alcune piazze ha registrato ribassi significativi, riflettendo l’incertezza degli investitori sulla sostenibilità del rilancio e l’equilibrio tra crescita dei ricavi e pressione sui margini. In particolare, la performance azionaria recente incorpora i timori legati all’aumento dei costi e alla concorrenza crescente, sia nei mercati consolidati che in quelli in espansione.
In sintesi, Nike ha superato le attese nel breve termine grazie a una domanda ancora solida e a mosse strategiche mirate. Ma il percorso per una ripresa strutturale resta tortuoso, con margini sotto stress, dinamiche competitive in evoluzione e mercati chiave – come la Cina – che richiedono un ripensamento delle strategie di prodotto e comunicazione.

