La sostenibilità fa bene anche all’economia, e l’industria della moda second-hand lo dimostra.
Un mercato che da ormai due anni non fa altro che crescere, e che ha cambiato per sempre il modo di fare shopping delle generazioni più giovani: Millennials e Gen Z, infatti, sono diventati i paladini del riutilizzo, e hanno trasformato un’abitudine prima vista negativamente in una vera e propria rivoluzione culturale.
L’amore per il vintage, l’impegno ambientale e l’allontanamento (seppur graduale) dai marchi fast fashion sta così plasmando una nuova prospettiva fashion, che in cima alla sua lista delle priorità ha stabilito la durabilità dei capi e la possibilità di recuperare ciò che, altrimenti, andrebbe perduto o distrutto: lo dimostrano anche le grandi maison, che sistematicamente hanno iniziato a rielaborare icone dei loro archivi e a offrire servizi a misura di moda circolare, come nel caso di Valentino Vintage.
Anche i dati, in ogni caso, confermano che il second-hand non se ne andrà facilmente dal sistema moda.
Secondo uno studio guidato dalla piattaforma di reselling Threadup, la rivendita dell’usato crescerà del 127% entro il 2026, una previsione di tre volte maggiore rispetto a quella dello shopping convenzionale, mentre Vestiare Collective e PWC hanno provato, grazie al loro Impact Report, che acquistare moda secondhand consente di ridurre del 90% l’impatto che ogni singolo articolo ha sul pianeta.