Gli effetti del Covid-19 pesano come un macigno sul settore della moda lombarda. L’assenza di turisti e il ricorso allo smartworking hanno già causato un drastico calo delle vendite, superiore al 50%, in oltre 12 mila negozi, che nel periodo hanno solo contratto debiti.
“Siamo fantasmi. Sono sotto gli occhi di tutti i gravi danni subiti dai negozi di moda che vivono di collezioni stagionali, ordinate anche otto mesi prima dell’arrivo dei prodotti in store e che hanno investito centinaia di migliaia di euro in merce che, a questo punto e con ogni probabilità, resterà ferma”. È il grido d’allarme lanciato da Renato Borghi, presidente di Federmoda Milano e Federazione Moda Italia-Confcommercio.
Secondo le stime dell’associazione, l’ulteriore preannunciato lockdown (che entrerà in vigore venerdì 6 novembre) potrebbe causare una perdita complessiva di oltre 3,7 miliardi di euro di consumi nel solo dettaglio moda milanese a fine anno, con la chiusura definitiva di 350-400 punti vendita su oltre 2.500 nel capoluogo e conseguente importante ricaduta sull’occupazione.
“La salute dei cittadini va sempre messa al primo posto, ma è difficile digerire questi provvedimenti quando abbiamo investito importanti risorse per andare avanti con coraggio, rispettando protocolli e linee guida per la sicurezza e digitalizzando le nostre aziende. Abbiamo puntato sulla multicanalità, promosso nuovi servizi, incrementato sconti ai clienti, riducendo, però, la marginalità e di conseguenza la possibilità di sopravvivenza”, ha detto Borghi.
Le richieste di Federmoda Milano prevedono contributi a fondo perduto, credito d’imposta per gli affitti, condono tombale sui versamenti tributari e contributivi del 2020 e una moratoria per tutto il 2021, detassazione o rottamazione dei magazzini per superare il grande problema delle rimanenze, sospensione dei mutui e dei leasing bancari e prosecuzione della cassa integrazione fino a tutto il 2021. “Se non ci farà chiudere una norma”, ha spiegato Borghi, “lo farà il mercato ormai agonizzante”.