Ritornano alla luce dopo secoli di buio le rovine del templio di Cupra Marittima, rivelando una particolarità più unica che rara: si tratta, infatti, di un templio dalle celle decorate, finemente dipinte con alcuni antichissimi pigmenti, che ancora brillano contro le pareti del nuovo ritrovamento.
Costruito agli inizi del primo secolo D.C nell’attuale area del Piceno, il templio traccia le sue origini alla pax augustea, il florido periodo di pace e prosperità che Roma conobbe sotto il regno dell’Imperatore Augusto. All’interno l’arte pittorica e architettonica rispettano i canoni del terzo stile pompeiano, dato che ne presenta le stesse cromie e decorazioni già rilevate in alcune case romane e pompeiane dello stesso periodo: così il giallo, il rosso e il blu delle pareti del santuario possono di nuovo incantare, stupire e inspirare.
A condurre gli scavi ci sono l’archeologo Marco Giglio dell’Università di Napoli e gli esperti dell’Università Orientale, in collaborazione con la soprintendenza e con il comune di Cupra Marittima.
“I templi con l’interno della cella decorato da pitture sono rarissimi”, spiega Giglio. “Fino ad oggi se ne conosceva uno solo in III stile, quello della Bona Dea a Ostia, dove però lo schema decorativo sembra essere molto più semplice, oltre al criptoportico del santuario di Urbis Salvia, sempre nelle Marche, e al tempio romano di Nora, in Sardegna“.
Nell’antichità Cupra Marittima aveva rappresentato un punto commerciale di grande importanza per le popolazioni etrusche, grazie alla sua vicinanza al mare, mentre per i romani assunse un ruolo significativo soltanto dal I secolo a.c: qui, infatti, si insediarono le famiglie degli eserciti di Marcantonio e Augusto, e presto l’insediamento fiorì in una colonia, dotata di un foro e dell’antico templio della dea Hera (Cupra sembra essere un altro nome della moglie di Zeus), riportato alla luce soltanto oggi.