Nel cuore pulsante del Quadrilatero della moda, Tiffany & Co. ha aperto le porte della sua più imponente boutique europea. Situata al civico 2 di via Montenapoleone, la nuova sede milanese rappresenta un simbolo della rinnovata ambizione del marchio americano sotto l’egida del colosso del lusso francese LVMH. Un vero e proprio baluardo del lusso contemporaneo, che secondo Anthony Ledru, presidente e amministratore delegato della maison, segna il passaggio da una presenza simbolica a una strategica: “Milano aveva un consolato, ora ha un’ambasciata Tiffany”, ha dichiarato con enfasi in un’intervista al Corriere della Sera.
Non si tratta solo di una nuova apertura, ma di un tassello fondamentale nella rinascita di Tiffany, definita da Bernard Arnault – presidente e CEO di LVMH – come “una bella addormentata” finalmente ridestata grazie alla visione e agli investimenti del gruppo. Una rinascita tangibile anche nei risultati economici: nel quarto trimestre del 2024, il brand ha segnato un incremento del 9%, contribuendo al record di fatturato di LVMH che ha raggiunto 84,7 miliardi di euro. All’interno della divisione orologeria e gioielleria, dove convivono nomi come Bulgari e Tag Heuer, le vendite hanno toccato i 10,5 miliardi, con una crescita organica del 7%.
Sebbene l’investimento per la boutique milanese non sia stato divulgato nei dettagli, Ledru ha lasciato intendere la sua entità, paragonandolo a quello ben più discusso per il Landmark di New York – operazione da oltre 700 milioni di dollari. “Non forniamo cifre ufficiali, ma le proporzioni parlano da sé: subito dopo New York, viene Milano”, ha commentato.
Lo spazio, progettato dal rinomato architetto Peter Marino, si estende su una superficie di 1.200 metri quadri, rendendolo il secondo punto vendita Tiffany più grande al mondo. Un tempio dell’haute joaillerie concepito non solo come flagship, ma come lighthouse: un faro destinato a orientare il gusto e l’estetica di una clientela esigente e cosmopolita.
La visione di Tiffany si proietta ben oltre i confini meneghini: dopo Milano e New York, l’espansione globale prevede aperture strategiche a Londra, Parigi e Tokyo (Ginza), nel quadro di un piano ambizioso che mira a rafforzare la presenza del brand nei centri nevralgici del lusso internazionale.
L’obiettivo è chiaro: restituire alla maison lo splendore degli anni Sessanta, riportando l’alta gioielleria al centro della scena e riaffermando l’identità esclusiva del marchio. “Il futuro è nella gioielleria di fascia altissima. È lì che un marchio di lusso può davvero stupire”, ha osservato Ledru, citando la recente acquisizione di 35 rari diamanti provenienti dalla chiusa miniera australiana di Argyle, così come le collaborazioni per smeraldi d’eccezione e perle uniche in sinergia con il Qatar.
Secondo il CEO, l’unicità non è solo una virtù estetica, ma una leva strategica essenziale per costruire fedeltà duratura in un mercato sempre più affollato: “Nella gioielleria di altissimo livello, l’unicità genera lealtà. Senza, non saremmo che commodities”.
Con l’apertura di Tiffany, via Montenapoleone si arricchisce di un altro capitolo nella narrazione del lusso firmata LVMH, che già conta tra i suoi protagonisti Louis Vuitton e Bulgari. Un trittico che conferma Milano come capitale imprescindibile dell’eccellenza mondiale.