Portare in scena Il nome della rosa, romanzo denso e stratificato firmato da Umberto Eco nel 1980, sembrava impresa quasi impossibile. Eppure, questa intricata narrazione ambientata in un’abbazia medievale, carica di misteri e rimandi filosofici, ha ispirato il compositore Francesco Filidei, che ne ha tratto un’opera lirica pronta al debutto il 27 aprile al Teatro alla Scala, con la regia di Damiano Michieletto.
Le cinque recite in programma sono già tutte sold out. L’evento ha acceso l’interesse dei media e scatenato il fermento online, mentre l’Ufficio stampa del teatro ha invitato i giornalisti ad accreditarsi con largo anticipo. Certo, il tutto esaurito non è raro alla Scala, ma lo è molto di più quando si tratta di titoli contemporanei, spesso relegati a un pubblico di nicchia.
Questa versione musicale non è solo contemporanea: è un’opera nuova in ogni senso. L’idea di trasformare un romanzo così complesso in un’opera lirica ricorda le scelte di Verdi o Puccini, che adattavano testi di successo per il palcoscenico. Ma la sfida qui è doppia: non solo narrare un giallo ambientato nel Medioevo, ma restituire la profondità simbolica e intellettuale del romanzo, fatta di livelli sovrapposti, citazioni colte e architetture concettuali.
Il compositore e il suo approccio
Francesco Filidei, pisano, 50 anni, apprezzato in particolare all’estero, ha già dimostrato il suo talento teatrale con Giordano Bruno e L’inondation. Insieme a Stefano Busellato ha curato il libretto dell’opera, concepita in due versioni linguistiche – italiana e francese – con differenze anche strutturali. Filidei promette una partitura articolata ma accessibile, fondata su una costruzione musicale che ricalca l’ordine architettonico del libro.
Realizzata in collaborazione con l’Opéra National de Paris e il Teatro Carlo Felice di Genova, l’opera vanta una locandina di primo piano. Sul podio ci sarà Ingo Metzmacher, e sul palco nomi importanti della scena lirica internazionale: Lucas Meachem nel ruolo di Guglielmo da Baskerville, affiancato da Gianluca Buratto, Roberto Frontali, Carlo Vistoli e altri artisti di spicco. Curiosa e significativa la scelta di affidare i ruoli di Adso e Bernardo Gui a due mezzosoprani, Kate Lindsey e Daniela Barcellona, rispettivamente.
Damiano Michieletto, tra i registi più innovativi del panorama europeo, ha precisato che l’opera non si rifà alla celebre trasposizione cinematografica, ma cerca di restare fedele al romanzo in tutta la sua ricchezza. In scena, l’ambientazione monastica sarà evocata da una cattedrale sospesa, simbolica e stilizzata, a riflettere le geometrie narrative del testo: sette giorni, sette luoghi, un percorso iniziatico.
La prima dell’opera coincide con l’apertura del Festival Milano Musica, che dedica la sua 34ª edizione proprio a Francesco Filidei. Intitolato Musica, fiori, tempo, respiro, il festival proporrà 28 appuntamenti tra concerti, performance elettroniche, proiezioni e anteprime assolute. In programma ci sono 21 sue composizioni, tra cui tre prime mondiali.
Due delle sue opere precedenti – Giordano Bruno e L’inondation – verranno presentate al pubblico in forma di proiezione, accompagnate da incontri con l’autore. E alla vigilia della prima, l’Ensemble Intercontemporain con Les Métaboles, diretto da Léo Warynski, interpreterà il Requiem per coro e strumenti.
Il festival mira anche a creare un ponte tra passato e presente, affiancando l’opera di Filidei a quella di giganti come Debussy, Boulez, Xenakis, Berio e Ligeti, ma anche a compositori contemporanei e giovani promesse della scena internazionale.
Il 27 aprile, Matteo Cesari eseguirà in prima assoluta il Terzo volume dell’opera flautistica di Sciarrino, mentre il 28 aprile un omaggio a Pierre Boulez al Teatro Elfo Puccini celebrerà il centenario della sua nascita. Chiuderà il cerchio, il 2 maggio, il Cantico delle creature di Filidei alla Scala, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Maxime Pascal.