L’autunno presagisce una fase di rincaro prezzi e tensioni per l’industria della moda, ora nel mirino dell’anti-trust europeo proprio per questo aumento inaspettato dei prezzi: come dichiarato dalle autorità competenti della Commissione Europea, infatti, le indagini mireranno a individuare “violazioni delle norme contro i cartelli e l’abuso di posizioni dominanti sul mercato“.
Gucci ha già accolto gli agenti dell’anti-trust per una visita investigativa e ora toccherà ad altre grandi protagoniste del panorama fashion, mentre le criticità iniziano a influenzare anche i distributori su larga scala e i retailer dell’alta moda; è importante sottolineare che, secondo quanto rilevato dall’anti-trust, i brand più fedeli all’acquisto in wholesale hanno tentato di contenere gli aumenti di prezzo, a differenza di altre realtà economiche.
“I fornitori più virtuosi hanno aumentato i prezzi del 10%, ma molti sono saliti fino al 20% e anche oltre”, racconta a MFF Giulio Felloni, presidente di Federazione moda Italia-Confcommercio. “Il CEO di un importante gruppo mi ha detto che questi aumenti saranno assorbiti dal mercato, ma non sarà così: il wholesale ragiona a budget, non a quantità, e a parità di budget è stato costretto a ridurre i volumi acquistati. Diversi negozianti hanno cambiato i marchi acquistati per mantenere i quantitativi, evitando così di scaricare gli aumenti sul consumatore”.
“I fattori che hanno causato gli aumenti sono noti, ma la percentuale appare eccessiva perché i costi di personale, che sono la componente determinante nella moda, non sono certo aumentati“, dichiara invece Marco Cassina, presidente provinciale di Federazione moda Italia a Como. “Abbiamo dovuto ridurre il nostro mark-up perché il negozio ci mette la faccia, non esiste un prezzo imposto bensì un prezzo suggerito e in questo modo, assorbendo in parte l’aumento, manterremo un rapporto di fiducia con la clientela. Sono convinto che l’online, con le sue scontistiche, contribuirà a contenere i prezzi nella fiammata attuale”.