L’Unione europea non ammetterà compromessi nella sua nuova battaglia contro l’industria fast fashion e le sue tragiche conseguenze, nocive per ambiente, lavoratori e mercato, ormai sempre più saturo e guidato dal mero consumismo.
Il Parlamento ha infatti approvato una serie di norme e manovre volte a garantire “una produzione circolare e sostenibile dei tessuti“, inaugurando dopo una votazione unanime quella che potrebbe rivelarsi una vera e propria rivoluzione per il fashion system.
Oltre alle alte sfere d’Europa, anche Greenpeace ha fatto sentire la sua voce, schierandosi al fianco delle nuove ordinanze internazionali: ambiente, diritti e identità sono i tre valori perseguiti da questi due importantissimi attori politici, ora impegnati a difenderli dall’eccesso effimero della fast fashion.
“L’industria della moda continua a sfruttare i lavoratori e a generare enormi impatti ambientali”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “Oggi proliferano sul mercato vestiti che le stesse aziende del fast fashion etichettano come eco, green, sostenibili, giusti, ma il più delle volte è solo greenwashing“.
Nel dettaglio, le norme introdotte dal Parlamento Europeo prevedono l’introduzione di un passaporto elettronico per tutti i prodotti di origine tessile, trovata che potrebbe anche essere estesa agli articoli di elettronica provenienti dall’estero.
“Grazie al passaporto elettronico dei prodotti, sarà possibile per il consumatore sapere se questi arrivano da Paesi che sfruttano i lavoratori, dando la possibilità di prediligere i prodotti che non fanno concorrenza sleale sui diritti e sulla sostenibilità”, spiega l’eurodeputata Alessandra Moretti. “Basta alla concorrenza di chi, come Cina e Bangladesh, inquina e sfrutta i lavoratori, aiutiamo i consumatori a scegliere eticamente, e così facendo rilanceremo il Made in Europe“.


