Greenpeace Germania ha pubblicato un report dedicato alle condizioni lavorative e alle norme ambientali dei marchi fast fashion, un’industria che vale milioni di dollari, estremamente nociva per il benessere del nostro pianeta e per le vite di migliaia di lavoratori.
Il report, in particolare, si concentra sul greenwashing dell’industria: il greenwashing comprende tutte quelle strategie di marketing e comunicazione che propongono un ecologismo di facciata, senza però introdurre manovre efficaci per regolare le politiche dei singoli marchi o delle realtà di produzione intensiva.
Greenpeace Germania ha voluto esplorare questo tema attuale e controverso per ricordare la tragedia di Rana Plaza, una delle conseguenze più tragiche del consumismo eccessivo e dello sfruttamento industriale incontrollato.
“Anche dieci anni dopo il Rana Plaza, l’industria della moda continua a sfruttare le persone e a distruggere l’ambiente“, spiega Viola Wohlgemuth, esperta di protezione delle risorse di Greenpeace. “Pubblicizzare la sostenibilità su un’etichetta, quando volumi crescenti di vestiti sono fatti di plastica usa e getta in condizioni di lavoro catastrofiche è solo greenwashing”.
Secondo il report, raramente la promozione di un atteggiamento green da parte dei brand fast-fashion più influenti corrisponde a un effettivo impegno ecologico e sociale: per misurare l’impatto effettivo di queste realtà industriali, Greenpeace Germania si è concentrata sul misurare l’uso di sostanze chimiche (grazie ai dati registrati nelle acque delle fabbriche) e il benessere dei lavoratori, calibrato in base a salari di sussistenza e all’accesso ai dati sulle catene di approvvigionamento.
I risultati dipingono un quadro di sovrapproduzione di plastiche e materiali sintetici, estremamente tossici per l’ambiente e, spesso, anche per chi li crea.
“Invece di vestiti di plastica di nuova produzione e greenwash, i consumatori hanno davvero bisogno di opzioni come noleggiare vestiti, comprarli di seconda mano e riparare e riusare i propri: una vera sostenibilità che deve diventare lo standard”, afferma Wohlgemuth.
Tra i brand meno sostenibili e verdi individuati dal report troviamo Benetton Green Bee, Calzedonia Group, Decathlon Ecodesign, H&M Conscious, Mango Committed e Zara Join Life.