Nasce dalle iniziative di alcuni grandi nomi dell’alta moda e non solo il nuovo concetto di brand urbanism, un termine che non soltanto descrive l’impegno dei brands nell’ambito della riqualificazione urbana, ma che ambisce a rappresentare una realtà che, in futuro, sarà sempre più comune.
Metropoli pianificate e tutelate dagli investimenti di mecenati corporate di dimensioni gigantesche, e che in particolare contribuiranno a realizzare nuovi spazi a servizio delle comunità: arte, design, vita urbana e realtà ad ampio respiro, capaci di espandersi insieme alle grandi metropoli del futuro.
Come evidenzia un report realizzato da FutureBrand, agenzia di brand design, strategy e development, la presenza dei brand a livello urbano e locale non farà che rinforzarsi nei prossimi anni.
“La vita nelle città sta cambiando e con essa anche il ruolo delle marche. Secondo l’ONU, entro il 2050 il 75% della popolazione mondiale vivrà nelle grandi aree urbane, con una crescita annua di 60 milioni di abitanti. Le città stanno mutando, assumendo identità più variegate e sperimentando una grande varietà di nuove pratiche: dal settore immobiliare, alla ristorazione, dal mercato del lavoro al tempo libero”, spiega Francesco Buschi, Head of Strategy di FutureBrand. “Il numero di progetti di Brand Urbanism è in crescita non solo all’estero, ma anche nel nostro Paese, a dimostrazione del nuovo ruolo assunto dai brand nei confronti della società”.
La ristrutturazione di un ex-quartiere industriale di Milano da parte di Fondazione Prada è un esempio concreto di brand urbanism, esattamente come The Bentway, uno spazio pubblico al di sotto della Gardiner Expressway a Toronto, il campo da basket Duperré realizzato da Nike in Francia, le installazioni realizzate da Louis Vuitton in onore della designer Yayoi Kusama a Parigi, o come il progetto Solar Graffiti di Città del Messico, finanziato dalla compagna energetica francese Messico Engie.
“Le marche diventano promotrici attive di queste trasformazioni, vestendo spazi, ma anche ispirando le loro funzionalità, passando da un brand purpose alto e impegnato a operazioni più concrete, capaci di proporre esperienze di marca tangibili. Cambia il paradigma; i quartieri della città non sono più segmentati per censo e ceto sociale, ma si dividono per attitudini o interessi”, conclude Francesco Buschi. “[…] Avviene così che ai tradizionali luoghi iconici in cui i grandi brand si mettono in mostra come, per esempio, Times Square a New York, Shibuya a Tokyo o Piccadilly Circus a Londra, giusto per nominarne alcuni, si aggiungono progetti di altra natura, capaci di rivitalizzare aree cittadine spesso dimenticate”.