Come ogni anno Business of Fashion e McKinsey hanno rilasciato il report The State of Fashion 2023, quest’anno intitolato Resilience in the Face of Uncertainty per esprimere il periodo di disturbi, incertezze e tensione costruitosi nel corso del 2022.
L’impatto dell’attuale panorama politico e sociale sul mercato internazionale e in particolare sull’industria della moda è evidente, e i suoi effetti non potranno che amplificarsi nel corso del 2023: il conflitto tra Russia e Ucraina, la crescita dell’inflazione e la crisi ambientale sono i tre eventi principali che stanno influenzando gli equilibri economici di tutto il mondo; si ridisegnano, ad esempio, i punti di interesse per il luxury spending, ora più concentrati negli Stati Uniti e in Medio Oriente (area, tuttavia, dalle dinamiche culturali e sociali ben distanti dalla filosofia occidentale).
Il report evidenzia la connessione tra rapporti geopolitici e variazioni di mercato, delineando così uno scenario fragile e incerto: in Cina si stima una crescita compresa tra il 9% e il 13% per quanto riguarda il lusso, percentuale più che positiva nonostante le tensioni interne al paese, mentre la polarizzazione politica in Europa (risultato diretto del conflitto tra Russia e Ucraina e della crisi ambientale) sembra presagire una stagnazione significativa delle vendite.
Al tempo stesso il rafforzamento dei mercati statunitensi, medio orientali e cinesi implica uno profondo svantaggio per il resto dell’industria, che se vorrà mantenere una soddisfacente quota di profitti, dovrà quindi concentrarsi sul locale, studiando soluzioni studiate a tavolino per ogni diverso contesto; la crisi economica, inoltre, contribuirà ad ingigantire la già immensa differenza di classe delle società occidentali, tagliando un’intera fetta di popolazione dal mercato luxury e amplificando ancora di più acquisti second-hand o capi fast-fashion.
Settori essenziali in cui l’industria dovrà tassativamente investire sono il digital marketing (i cui costi, secondo BoF e McKinsey, potranno essere contenuti con un aumento della vendita all’ingrosso e una maggior presenza negli store multimarca), il management e la sostenibilità: niente più greenwashing, da ricercare, invece, l’artigianato, la creatività e una nuova brand awareness.
Per quanto riguarda l’alta moda nello specifico, il report prevede l’ascesa definitiva della moda genderless e fluida, nonché il mutamento dei cosiddetti “dress code“: sempre meno marcata sarà, ad esempio, la divisione tra abiti da ufficio e abbigliamento casual.