Dal 1° gennaio 2022 in Italia sarà vietato l’allevamento e l’uccisione degli animali per produrre pellicce.
Una lotta che le associazioni animaliste sostengono dagli anni 70 finita con l’approvazione dalla Commissione Bilancio del Senato. Verranno così chiusi gli ultimi cinque allevamenti di visone dove sono presenti circa 7mila animali.
Il Covid-19 ha accelerato questa decisione, già nel 2020, infatti, era stato necessario chiudere gli allevamenti di visone italiani, dopo che 440 fattorie simili in Europa e Nordamerica erano diventate focolai del virus. Oltre a un fattore etico si è aggiunta la consapevolezza di quanto aggregazioni di animali in cattività e nei mercati, rappresentino una fonte di trasmissione e mutazione dei virus.
Il vicepresidente dei programmi internazionali di Peta, associazione concentrata sull’eliminazione delle pellicce, Mimi Bekhechi, ha detto: “Grazie mille al Parlamento italiano per aver riconosciuto che la pelliccia appartiene agli animali che la indossano dalla nascita e per aver inaugurato una nuova era, quella in cui i visoni non saranno più ingabbiati, torturati e uccisi col gas in nome della moda.”
Dall’altra parte della bilancia però c’è la voce del presidente dell’Associazione Italiana Pellicceria, Roberto Tadini, che con afflizione ha dichiarato: “Questo voto cancella un pezzo di made in Italy e un intero settore produttivo in un momento storico che vede una pandemia in corso e una nazione nuovamente provata dalla permanenza del virus. Gli allevamenti di visoni italiani sono un’attività legittima, regolamentata, certificata, controllata. Garantiscono una produzione di qualità, sono ispezionati da revisori autonomi e seguono il protocollo WelFur per il benessere degli animali in allevamento, il sistema riconosciuto dalla Commissione Europea e inserito nella banca dati sull’autoregolamentazione”.
La decisione è stata presa e gli ultimi allevamenti italiani saranno smantellati entro il 30 giugno 2022 e sono stati stanziati tre milioni di euro e fondi per aiutare gli allevatori a riconvertire le attività in produzioni sostenibili.