«L’ho pensato come un luogo un po’ segreto dell’azienda, un sancta sanctorum da dove si parte per le terre sante di Gucci». Così il direttore creativo Alessandro Michele descrive palazzo Settimanni, il quattrocentesco edificio fiorentino che da ieri ospita l’archivio della maison.
Al momento, rende noto Gucci, il palazzo non sarà aperto al pubblico ma sarà la sede di Gucci Education, lo spazio che offre ai dipendenti dell’azienda la possibilità di fare formazione e comprendere le nuove tecnologie del marchio. Un luogo fisico che si affianca ad un ecosistema digitale innovativo in un connubio tra la tradizionale struttura di apprendimento e nuovi spazi virtuali.
«Un luogo dove apparentemente si conserva il passato, ma che in realtà è un ponte con il contemporaneo», conclude Alessandro Michele. «Un palazzo antico è una cosa viva. Come la moda».
Palazzo Settimanni è un luogo della memoria, come ha spiegato Valerie Steele, direttore e curatore del museo del Fashion Institute of Technology. Acquistato da Gucci nel 1953 è stato fabbrica, laboratorio e showroom. Oggi, dopo quasi 60 anni, è diventato lo scrigno prezioso che conserva e protegge l’opera, l’arte e la storia di uno dei brand più famosi al mondo.
Dopo un ingresso sontuoso, dietro la facciata austera, si seguono attorno a una corte in pietra serena decine di sale dagli armadi fifties in vetro smerigliato che contengono la storia degli accessori della label. Al piano nobile si susseguono invece, in custodie d’organza, le creazioni ready-to-wear conservate in suggestive strutture mobili.
«Ho restituito al palazzo quell’aura da favola che permette, per esempio, alla saletta dell’ingresso, di diventare un’entrata in una dimensione da sogno».
Sui cinque livelli di altezza, che comprendono il pianoterra e il piano interrato, l’edificio si trasforma in uno scrigno prezioso. Di forte impatto la parete con le borse Bamboo o la Jackie, entrambe declinate in fogge e materiali diversi.
Sono state eliminate le sovrastrutture accumulate in momenti recenti, per rivelare tracce di decorazioni ottocentesche, trompe l’oeil del Settecento, affreschi del tardo Seicento, abbellimenti ancora anteriori: tutti elementi volutamente lasciati intatti o riportati al loro primigenio splendore senza essere spostati o modificati.
L’unica trasformazione rilevante è stata la rimozione della copertura nella sala dell’ingresso realizzata negli anni ’90, al fine di diffondere luce e restituire al porticato centrale la grazia delle proporzioni iniziali.