Sono passati trent’anni da quel 20 gennaio del 1993, data in cui la stella di Audrey Hepburn, leggendaria interprete di Colazione da Tiffany e Vacanze Romane, si spense definitivamente tra le mura di una villa a Tolochenaz, in Svizzera.
Musa di monsieur Huberth de Givenchy, il suo volto delicato e la sua iconica frangetta hanno incantato il mondo, innalzandola a esempio di bellezza classica e irraggiungibile.
Una qualità, tuttavia, che Audrey Hepburn stessa faticava a concedersi.
“Senti, ogni volta che sento o leggo che sono bella, semplicemente non lo capisco… Non sono certamente bella in alcun modo convenzionale. Non ho fatto la mia carriera nel campo della bellezza“, aveva dichiarato durante una celebre intervista.
Interpretazioni di un’intensità unica e un animo sensibile, Audrey Hepburn ha sempre preferito raccontarsi attraverso le sue passioni, dal cinema fino al volontariato: l’attrice, infatti, ha sempre riposto un enorme impegno nelle sue missioni al fianco dell’UNICEF, e ha attivamente partecipato ad attività di volontariato e soccorso in Etiopia, Turchia, Sud America e Somalia al fianco dell’UNICEF, che la scelse come sua ambasciatrice ufficiale.
La storia di Audrey Hepburn si intreccia, poi, con quella di Givenchy, che tutt’ora la riverisce in quanto a musa ispiratrice della maison: l’abito creato per lei da monsieur Huberth de Givenchy è tutt’ora considerato un classico inimitabile, e molteplici dei personaggi da lei interpretati vestivano, appunto, Givenchy, come nel caso dei suoi ruoli in Sabrina (1954), Colazione da Tiffany (1961), Vacanze Romane, di William Wyler (1953), Sciarada, di Stanley Donen, e Come rubare un milione di dollari e vivere felici, di Wyler (1966).
Ciò che rimane di Audrye Hepburn, tuttavia, non sono solo le immagini di un’icona di bellezza ed eleganza: la gentilezza e l’amore che l’attrice riservava nei confronti del prossimo, in particolare nei confronti dei bambini, sono immortali quanto le pellicole che hanno forgiato la sua carriera.