La donna Dior disegnata da Maria Grazia Chiuri provoca sapendo di provocare e lo fa invitando tutti allo show con un kit ludico e poi, lei per prima, comincia il game.
Uno show, ancora una volta, molto anni Sessanta composto da colori vitaminici, piccoli pezzi svelti, sport e lunghezze corte.
La designer ha riflettuto sul cambiamento che il sistema ha affrontato con la pandemia, collaborando con l’artista Anna Paparatti per la scenografia dello show. Il gioco del nonsenso è la parola-slogan che si rincorre sulle pareti della sala sfilata che diventa il palcoscenico di una vera e propria esibizione.
La musica live. Il quadro di Troisi. Le modelle che si muovono sui gradini del podio seguendo un ritmo cadenzato prima che tocchi il loro turno per sfilare. E in scena l’alternarsi dell’innocenza di cappottini 60s con Mary Jane all’attitudine sporty di shorts e giacche da boxeur e mini-bowling bag. Tra silhouette asciuttissime, omaggio al lavoro di Marc Bohan, e colori vividi per giacche dal taglio boxy, cappottini precisi, bermuda e micro-gonne.
“Dopo due anni di pandemia tornare in presenza con il prét-a-portèr è quasi un debutto – afferma la stilista —. È stato un periodo impattante e di riflessione sui diversi modi di comunicare che via via sono stati trovati”.