Con l’Italia al primo posto per beni patrimonio dell’Unesco, era inevitabile che una delle industrie di punta del nostro paese (quella dell’alta moda) si legasse con il nostro enorme patrimonio culturale, che tuttavia non riceve le attenzioni che meriterebbe.
Infatti l’Italia ha investito poco più di 5 miliardi di euro nella valorizzazione del suo cultural heritage nel 2019, una somma esigua se paragonata, ad esempio, con i 16.5 miliardi spesi invece dalla Francia; anche questa negligenza, forse, ha contribuito a solidificare il sincero interesse che le maison italiane hanno rivolto nei confronti di questo mondo tristemente trascurato.
Via quindi al recupero di antiche ville storiche e al dare nuovi volti a simboli che della cultura italiana hanno fatto un must riconosciuto universalmente, un’occasione per proteggere qualcosa di inestimabile e per distinguersi: la frase pronunciata da Renzo Rosso, CEO di Diesel, sintetizza perfettamente questa dualità di interessi, che lo hanno visto protagonista durante il restauro del Ponte di Rialto a Venezia.
“Credo che un imprenditore di successo abbia il dovere di fare qualcosa di utile anche sul piano sociale, per il territorio in cui opera“.
Così i monumenti italiani diventano lo sfondo, ad esempio, di protagonisti dell’industria come Valentino, che lo scorso luglio ha scelto la Scalinata di Trinità dei Monti per incorniciare il suo fashion show, e sempre seguendo questa filosofia i grandi marchi dell’alta moda hanno contribuito alla ristrutturazione e alla cura di edifici insostituibili, come nel caso di Gucci con i Giardini di Boboli o come ha fatto Ferragamo con il restauro delle sculture del ponte e della piazza Santa Trinità di Firenze.